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sabato, dicembre 28

L'INVERTER MITO O REALTA'


L’argomento è sicuramente interessante e presenta aspetti più complessi di quanto può sembrare ad
un primo approccio. Tre temi specifici aiutano ad approfondirlo adeguatamente. Il primo riguarda
l’applicazione dell’inverter nei compressori volumetrici, il secondo nei turbocompressori (centrifughi), mentre l’ultimo propone un confronto tra l’utilizzo dell’inverter nell’espansione diretta e nei gruppi frigoriferi.
É davvero conveniente l’uso dell’inverter nei gruppi frigoriferi? La logica direbbe di si, visto come viene pubblicizzato da chi lo usa. Sembra la panacea per tutti i mali del condizionamento
dell’aria e della refrigerazione, la soluzione ottimale che permette di avere alta efficienza energetica e regolazione pressoché perfetta in ogni condizione, anche con contenuti d’acqua dell’impianto molto contenuti. (Piccolo volano termico)
In parte ciò è vero, anche se la realtà appare molto più complessa e riserva sorprese, non sempre piacevoli.
Per prima cosa, bisogna capire chi lo usa. Nel condizionamento dell’aria l’inverter viene attualmente utilizzato:
- nei gruppi frigoriferi con turbocompressore centrifugo;
- nelle macchine ad espansione diretta (split-system e Vrf ) con compressori volumetrici, rotativi o scroll.
Tra compressori centrifughi e compressori volumetrici c’è una differenza abissale nel comportamento perché lavorano secondo principi diversi.


DIFFERENZE TRA COMPRESSORI VOLUMETRICI E TURBOCOMPRESSORI CENTRIFUGHI

I compressori scroll, vite e rotativi a palette, sono macchine volumetriche, mentre i compressori centrifughi sono turbomacchine. Il principio di funzionamento è totalmente diverso.
Nei compressori volumetrici la pressione aumenta perché si riduce il volume della camera di compressione tra ingresso ed uscita del refrigerante.
Nei turbocompressori non vi è riduzione del volume della camera di compressione, ma una variazione dinamica della direzione e della velocità del flusso di refrigerante. In particolare, la variazione di pressione avviene perché varia il momento della quantità di moto del refrigerante, come sarà meglio descritto nel secondo articolo dedicato ai compressori centrifughi.
Una prima sostanziale differenza nel comportamento è data dalla variazione del salto di pressione (o prevalenza) al variare del numerodi giri.
Mentre nei compressori volumetrici il salto di pressione ottenibile è sostanzialmente indipendente dalla velocità di rotazione, nelle turbomacchine il salto di pressione si riduce con il quadrato del numero di giri. Di conseguenza, mentre nei compressori volumetrici il numero dei giri può essere ridotto a prescindere dal salto di pressione richiesto, nei turbocompressori la riduzione è possibile solamente se vi è una contemporanea riduzione del salto di pressione.
Questo rappresenta un limite sostanziale che verrà approfondito nel secondo articolo della serie.
La portata di refrigerante, invece, varia linearmente con il numero di giri per entrambe le tipologie di compressore.



COMPRESSORI VOLUMETRICI:
CONSEGUENZE DELLA VARIAZIONE DI GIRI

Detta così parrebbe estremamente vantaggioso l’uso dell’inverter nei compressori volumetrici, proprio per le loro caratteristiche di funzionamento. Poter ridurre a piacimento il numero dei giri,
quindi la portata di refrigerante, qualsiasi sia il salto di pressione richiesto, consente una regolazione della potenza estremamente precisa. Il rendimento di regolazione è molto elevato, perché la riduzione di portata volumetrica comporta una diminuzione della pressione di condensazione, un aumento della pressione di evaporazione (cfr. fig. 1), quindi ad un valore di Eer superiore.



Ciò sarebbe completamente vero solo se la variazione del numero di giri non influenzasse il rendimento del compressore. In realtà, il rendimento dei compressori volumetrici è molto influenzato dalla variazione del numero di giri.In particolare:
- all’aumentare del numero di giri, aumenta la portata di refrigerante, per cui aumentano le perdite dovute al passaggio del refrigerante stesso negli orifizi di aspirazione e di scarico. Aumentano
anche gli attriti dovuti alla maggiore velocità di rotazione.
- Al diminuire del numero di giri, diminuiscono le perdite per il passaggio del refrigerante e per attrito.
Tuttavia peggiora la tenuta tra aspirazione e mandata, che nelle macchine volumetriche è sempre legata, anche se in modi diversi,alla velocità di rotazione.

Aumentano, quindi, le perdite per trafilamento tra mandata, a pressione maggiore, e aspirazione, a pressione minore. Questo aumento delle perdite fa peggiorare il rendimento al ridursi del numero
di giri, in modo drastico per velocità ridotte. In ogni caso non si può far funzionare un compressore a meno di 30 Hz per ragioni legate sia alla tenuta che alla lubrificazione.
E’ allora interessante calcolare come si modifichi il rendimento di un compressore volumetrico al variare sia della temperatura di condensazione che della frequenza della corrente di alimentazione
(quindi del numero di giri: la velocità di rotazione varia linearmentecon la frequenza).
Ai fini dell’analisi è stato scelto un compressore scroll con R410A di un costruttore giapponese, studiato per essere utilizzato con inverter.
Risultati simili si ottengono anche con compressori volumetrici diversi, come, ad esempio, i compressori a vite.
Il rendimento del compressore è ricavato come rapporto tra il Eer misurato e il Eer che si avrebbe nelle stesse condizioni con R410A e un compressore ideale con rendimento isoentropico pari a 1 utilizzante lo stesso refrigerante:


ηCOM =     Eer
               EerTH

dove:
ηCOM Rendimento del compressore.
Eer = Eer del compressore con R410A misurato in sala collaudo.
EerTH = Eer di un compressore ideale con R410A.
I risultati sono mostrati in figura 2 dove si nota chiaramente come il rendimento diminuisca fortemente al diminuire del numero di giri.



Ancora più interessante è valutare come vari il rendimento in funzione del rapporto di compressione, inteso come rapporto tra la pressione assoluta di mandata e la pressione assoluta di aspirazione.
Più alto è il salto di pressione richiesto, più alto è anche il rapporto di compressione.
La figura 3 mostra i risultati ottenuti. In qualunque condizione il rendimento è massimo a 60 Hz. Il punto di massimo si ottiene per un rapporto di compressione compreso tra 3 e 3,5.
Il rendimento diminuisce sia all’aumentare che al diminuire della frequenza.
Le curve a 90 Hz e a 50 Hz sono quasi sovrapposte. La riduzione
diventa consistente per frequenze al di sotto di 50 Hz.
Dalla figura 3 si può calcolare il rendimento per la variazione del numero di giri, secondo la

ηVG =      ηX
             η60Hz

dove:
ηVG Rendimento al variare del numero di giri.
ηX Rendimento nelle stesse condizioni alla frequenza X.
η60Hz Rendimento nelle stesse condizioni alla frequenza 60 Hz.
I risultati sono riportati nella figura 4.




Come si vede, la riduzione è tanto più marcata quanto maggiore è il rapporto di compressione e quanto più bassa è la frequenza. Fino a 50 Hz il rendimento si mantiene superiore al 90% in tutte le condizioni, ma al di sotto di tale valore la situazione peggiora. A 30 Hz il rendimento varia dal 75% con bassi rapporti di compressione, per scendere quasi al 50% per rapporti di compressione pari a 6,5. Di conseguenza, la parzializzazione tramite inverter ha un rendimento sufficientemente elevato fino a che si regola tra 90 Hz e 45 - 40 Hz, ma peggiora nettamente per frequenze inferiori. Tanto per dare dei punti di raffronto, un compressore a vite con cassetto ha un rendimento in parzializzazione pari a 0,92 al 75% della portata di refrigerante di e dello 0,8 al 50% della portata di refrigerante. Questi valori sono abbastanza simili a quelli ottenibili con l’inverter fino a circa 40 Hz, ma diventano nettamente inferiori per frequenze minori.
I risultati della figura 4 sono molto importanti, perché fanno intuire che l’inverter può portare a buoni risultati nel caso di gruppi frigoriferi funzionanti in solo freddo (rapporto di compressione inferiore a 4), mentre più dubbia è la loro applicazione nelle pompe di calore in regime invernale (rapporto di compressione prossimo a 6).

APPLICAZIONE NEI GRUPPI FRIGORIFERI
Per prima cosa bisogna verificare quale sia la variazione di resa del compressore e quindi del gruppo frigorifero al variare del numero di giri.
Al ridursi della velocità di rotazione, diminuisce la temperatura di condensazione e aumenta leggermente la temperatura di evaporazione.
Di conseguenza la potenza fornita dal compressore diminuisce in modo minore rispetto alla riduzione di velocità.
La figura 5 sintetizza questo concetto. In funzione della temperatura dell’aria esterna, la riduzione della frequenza deve sempre essere superiore alla riduzione di potenza richiesta. Ad esempio, a 35°C, se il 100% di potenza viene fornito a 90 Hz, il 60% della potenza si ottiene a 48 Hz, anziché a 54 Hz come sarebbe se la riduzione fosse assolutamente lineare.
A 20°C dell’aria esterna il 100% di potenza si ottiene a 73 Hz (quindi con una riduzione del 19% dei giri), mentre per ottenere il 60% della potenza la frequenza deve scendere a 43 Hz. Di conseguenza la riduzione di potenza avviene ad alta efficienza (ovvero con alimentazione
superiore a 45 Hz) solamente per percentuali superiori al 54% e al 63% della potenza, a seconda della temperatura dell’aria.
Per potenze inferiori il rendimento di parzializzazione scende drasticamente, rendendo poco conveniente l’utilizzo dell’inverter. In ogni caso non è possibile parzializzare oltre il 38% in qualunque condizione. Oltre questa soglia il compressore deve lavorare Onoff.

GRUPPI FRIGORIFERI MONOCOMPRESSORE

Nel caso di piccoli gruppi frigoriferi monocompressore l’uso dell’inverter permette una efficace regolazione della temperatura in uscita, altrimenti impossibile con la regolazione on-off. Per questo
motivo ha senso sfruttare il più possibile la riduzione di potenza frigorifera (riduzione fino a 30 Hz) anche a costo di penalizzare il rendimento in parzializzazione.
Dal punto di vista dell’efficienza energetica, il vantaggio dell’uso dell’inverter varia di molto a seconda del contenuto d’acqua dell’impianto.
L’importanza del contenuto d’acqua è sottolineata nel testo [1] citato in bibliografia, cui si rimanda per eventuale approfondimento. La figura 6 mostra l’andamento del Eer del gruppo frigorifero nei
due casi in esame, per impianti con elevato contenuto d’acqua (10 litri per ogni kW di potenza frigorifera) ed impianti con scarso contenuto d’acqua (2,5 litri per ogni kW frigorifero). Le curve sono realizzate secondo il metodo usato per calcolare l’indice energetico stagionale europeo Eseer che prevedono 35°C di temperatura dell’aria esterna al 100% del carico, 30°C al 75%, 25°C al 50% e 20°C al 25%.
Nel caso di elevato contenuto d’acqua, l’efficienza del gruppo frigorifero con inverter si mantiene superiore fino a circa il 45% del carico frigorifero. Al 75% della potenza si ha un miglioramento pari
al 15% di Eer, mentre al 50% della potenza si ha un miglioramento di Eer del 5%. Solo al 25% della potenza l’Eer peggiora di circa il 15%.
Nel caso di contenuto d’acqua scarso l’efficienza del gruppo frigorifero con inverter si mantiene sempre superiore. Tra il 75% e il 50% della potenza, l’aumento di Eer dovuto all’inverter si attesta tra il 30% ed il 25%.
Di conseguenza per piccoli gruppi frigoriferi l’uso dell’inverter sembra essere sempre conveniente.





GRUPPI FRIGORIFERI A PIÙ COMPRESSORI
I gruppi frigoriferi con più compressori si comportano in modo diverso a secondo del tipo di compressore adottato.
I gruppi frigoriferi con compressori scroll montati gemellati (due o più su ogni singolo circuito) sono i più efficienti in assoluto, come chiaramente esposto nel testo [1] citato in bibliografia. Per macchine di questo tipo non è assolutamente conveniente utilizzare l’inverter in tutti i compressori, perché aumenterebbe il loro costo e diminuirebbe l’efficienza totale, a causa del basso rendimento in parzializzazione al variare del numero di giri. Molto meglio utilizzare un unico compressore con inverter per ogni singolo circuito, mettendolo in parallelo con altri privi d’inverter.
Questo compressore non deve mai lavorare al di sotto della frequenza di 45 Hz per limitare al massimo l’inefficienza del sistema.
La regolazione deve avvenire riducendo prima il numero di giri del compressore con inverter, fino a 45 Hz. Al di sotto di questa soglia, i disattiva uno degli altri compressori del circuito, mentre il compressore con inverter torna a funzionare alla frequenza richiestadal carico frigorifero.
Se l’impianto ha un elevato contenuto d’acqua (10 litri per ogni kW di potenza frigorifera), l’efficienza stagionale Eseer di un gruppo frigorifero così regolato non è molto superiore a quella di un altro gruppo con lo stesso numero di compressori regolati On-off. Viceversa, se il contenuto d’acqua è basso, il vantaggio energetico si fa rilevante, come spiegato nel testo [1] citato in bibliografia. In ogni caso, la regolazione della temperatura dell’acqua in uscita è migliore con l’utilizzo dell’inverter.
Con i compressori a vite l’utilizzo dell’inverter permette un miglioramento dell’efficienza solamente se si limita la riduzione della frequenza a 45 Hz.
Anche in questo caso i vantaggi si hanno in particolare modo negli impianti con scarso contenuto d’acqua, come meglio descritto nel testo [1] citato in bibliografia.

APPLICAZIONI NELLE POMPE DI CALORE

L’uso dell’inverter nelle pompe di calore in regime invernale sembra meno conveniente rispetto al solo funzionamento estivo. Vi sono due fattori che incidono negativamente:
- nel funzionamento invernale le pompe di calore lavorano con un elevato rapporto di compressione, a causa dell’elevata temperatura di condensazione. In queste condizioni il rendimento del compressore si abbassa drasticamente al ridursi del numero di giri,
come mostrato nella figura 4.
- Nel funzionamento invernale delle pompe di calore, la potenza assorbita dal compressore contribuisce all’effetto utile. Infatti si sfrutta il calore ceduto nel condensatore, che è pari al calore sottratto all’aria dall’evaporatore più la potenza elettrica assorbita dalcompressore. Pertanto, a parità di calore sottratto all’aria, più basso è il rendimento del compressore, maggiore è l’effetto utile, così
come mostrato nella figura 7: il peggioramento del rendimento fa aumentare l’effetto utile del tratto 2a - 2. Si ha una sorta di “reazione a catena”: più il rendimento del compressore peggiora, più aumenta la potenza ceduta dal condensatore, più bisogna abbassare il numero di giri per adeguarsi alla potenza richiesta, peggiorando ulteriormente il rendimento.
Nel funzionamento invernale le pompe di calore richiedono una maggiore parzializzazione rispetto ai gruppi frigoriferi, soprattutto alle temperature più elevate dell’aria esterna. Ciò soprattutto perché
si alza la temperatura di evaporazione che contribuisce molto alla resa del compressore. La figura 8 mostra quanto debba variare la frequenza di alimentazione del compressore per adeguarsi al carico
richiesto, in funzione della temperatura dell’aria esterna. Se la pompa di calore è dimensionata per fornire il 100% di potenza a 90 Hz con una temperatura dell’aria esterna di -5°C, alla stessa
temperatura dell’aria la regolazione può avvenire in modo sufficientemente efficiente (45 Hz) solamente fino a 58% della potenza.



Quando la temperatura dell’aria aumenta a 5°C il 100% di potenza si ottiene con una frequenza di 66 Hz, quindi con un rendimento elevato. A questa temperatura, però, la regolazione può essere
effettuata solamente fino al 72% della potenza, se non si vuole abbattere il rendimento.
Peggio ancora quando la temperatura si alza fino a 15°C: la potenza del 100% si ottiene con una frequenza di 51 Hz e la regolazione deve essere limitata al 92%.
Per questi motivi, l’utilizzo dell’inverter nelle pompe di calore in regime invernale sembra dare risultati energetici molto meno interessanti rispetto ai gruppi frigoriferi funzionanti in solo freddo.


POMPE DI CALORE MONOCOMPRESSORE

Nel caso di pompe di calore di piccola potenza monocompressore, l’utilizzo dell’inverter può facilitare la regolazione della temperatura d’uscita dell’acqua. Un altro vantaggio è quello di parzializzare la portata di refrigerante, riducendo la formazione di brina sulla batteria evaporante [2].
Tuttavia, malgrado questi vantaggi, dal punto di vista energetico l’uso dell’inverter porta ad un peggioramento del Cop a quasi tutte le condizioni di funzionamento, così come mostrato in figura 9.
Come si vede, solamente con temperatura dell’aria molto bassa (-5°C) e potenza richiesta tra il 90% e il 75%, l’inverter permette dei minimi vantaggi. In tutti gli altri casi le macchine senza inverter sono più efficienti.
Bisogna fare alcune considerazioni:
- quanto detto vale per i sistemi idronici: per l’espansione diretta le condizioni al contorno sono diverse, come meglio spiegato nel terzo articolo della serie.
- Perdite inferiori si hanno se si produce acqua a temperatura inferiore a 45°C perché si riduce il rapporto di compressione.
- La figura 9 è valida per impianti ad alto contenuto d’acqua. In impianti a basso contenuto d’acqua vi può essere un ribaltamento a favore dell’inverter.
Tuttavia, a parere dell’autore, progettare impianti con pompe di calore e basso contenuto d’acqua è cosa da evitare assolutamente, perché dissennata.

POMPE DI CALORE A PIÙ COMPRESSORI

Alla luce di quanto sopra riportato, non sembra utile applicare l’inverter a pompe di calore con compressore scroll gemellati (più compressori in un unico circuito) perché non può portare ad alcun
miglioramento del Cop.
Forse l’utilizzo di un sistema come quello descritto in precedenza per i gruppi frigoriferi in solo freddo può permettere una regolazione più fine della temperatura di produzione dell’acqua, senza
però migliorare l’efficienza energetica. Tuttavia l’applicazione va comunque studiata a fondo, anche attraverso prove sperimentali sul campo.
L’autore non ha mai amato le pompe di calore con i compressori a vite, perché ritenuti poco adatti a questo utilizzo [2].
Al di là di queste considerazioni personali, dall’analisi precedente non sembra che l’utilizzo dell’inverter in questi compressori possa portare a benefici a livello energetico: anzi, è probabile il contrario.
Anche in questo caso, però, ben vengano le applicazioni sperimentali, le uniche effettivamente in grado di chiarire completamente ogni dubbio sulle reali prestazioni dei compressori.


COMPRESSORI SCROLL: SISTEMI DI PARZIALIZZAZIONE ALTERNATIVI ALL’INVERTER

Non tutti i produttori di compressori scroll puntano sull’inverter come sistema di parzializzazione ad alta efficienza. In particolare la Copeland propone un compressore diverso, chiamato Digital.
Grazie ad un sistema basato su una valvola a solenoide esterna al compressore, il sistema permette di effettuare dei cicli di funzionamento on-off del compressore molto ravvicinati tra loro [3]. In
pratica il motore del compressore non viene mai fermato, ma la disattivazione del compressore avviene scostando di circa 1 mm in verticale le due spirali.
Quando ciò avviene la spirale collegata al motore gira a vuoto senza comprimere il refrigerante.
In pratica il compressore lavora con cicli on-off molto ravvicinati. Secondo il documento [3] il ciclo totale dura 20 secondi: al 75% del carico per 15 secondi il compressore è on e per 5 Off. Al 50% del carico la divisione è 10 secondi On e 10 secondi Off, mentre al 25%
del carico la divisione è 5 secondi On e 25 secondi Off. Quando il compressore è On le prestazioni sono simili al pieno carico.
Non si hanno dati ufficiali del funzionamento del Digital Scroll in parzializzazione.
Tuttavia si possono fare delle considerazioni interessanti già con questi pochi dati a disposizione.
Il sistema sembra efficiente: le uniche perdite sono date dall’energia spesa comunque per far girare il rotore. Tuttavia, nelle fasi di scostamento delle spirali non vi è lavoro di compressione, per cui il
consumo è molto limitato. Si può pensare ad una perdita massima del 5% -7% del valore minimo di parzializzazione, pari al 10% del carico.
I dubbi maggiori sono invece legati all’effettiva riduzione della pressione di condensazione in parzializzazione. Nei compressori con inverter la riduzione avviene sicuramente, perché diminuisce
la portata volumetrica.
Nel sistemi con il Digital Scroll, invece, la variazione di portata volumetrica si ha nell’arco dei 20 secondi di funzionamento, nel senso che per x secondi la portata è massima e per 20 – x secondi è nulla.
Sicuramente vi è un abbassamento della pressione di condensazione anche nei sistemi con Digital scroll perché nei 20 – x secondi in cui la portata del refrigerante è nulla la pressione tende a portarsi a quella corrispondente alla temperatura dell’aria esterna.
Per sintetizzare, appare probabile che la riduzione si pressione ci sia, ma sia inferiore a quella ottenibile con l’inverter, tanto più quanto minore è la parzializzazione (al 75% del carico la temperatura di condensazione con inverter è nettamente inferiore a quella con Digital, mentre al 25% del carico sono quasi equivalenti).
Pertanto, rispetto ad un compressore con inverter, il Digital scroll dovrebbe risultare più conveniente per le basse percentuali dei carico (circa dal 50% in giù), specialmente se il rapporto di compressione è elevato, come nel caso delle pompe di calore.


L’utilizzo dell’inverter nei gruppi frigoriferi è sicuramente una strada da seguire, specialmente nel caso di macchine di piccola potenza con un unico compressore. I vantaggi sono legati ad un migliore controllo della temperatura e ad una maggiore efficienza energetica sopratutto in impianti con basso contenuto d’acqua.
Nelle pompe di calore in regime invernale l’inverter porta ad un peggioramento delle prestazioni energetiche, a causa della diminuzione del rendimento del compressore ad alti rapporti di compressione e bassi numero di giri.
In questa particolare condizione sembra migliore il sistema di parzializzazione alternativa con separazione ciclica delle spirali dello scroll, utilizzata nel Digital scroll anche se oggi con i nuovi scroll ad iniezione sembra che ci siano stati dei passi in avanti.

BIBLIOGRAFIA
 “How does the Copeland Digital Scroll work?”, didattiche Copeland
all’indirizzo web http://www.emersonclimate.com/mea/
jsp/edu_dig_works.jsp.



sabato, ottobre 12

Celle di germinazione


Fotoperiodismo




Per coltivare delle piante è necessario innanzitutto conoscere i meccanismi che regolano il loro sviluppo. Il ciclo vitale delle piante annuali in natura è regolato dal variare del rapporto tra ore di luce e di buio. Questa variazione va riprodotta anche all'interno della cella.
In natura, per le piante fotoperiodiche la crescita (fase vegetativa) inizia in primavera (fine marzo) e si arresta quando le giornate iniziano ad accorciarsi sensibilmente (fine luglio). In questo momento incomincia la riproduzione (fase floreale), che termina con la senescenza e la morte della pianta ai primi freddi (fine ottobre).
Utilizzando le celle è possibile, usando un timer, stabilire le ore di luce e di buio da somministrare ai vegetali; quindi sfruttando il fotoperiodiodismo si può rendere la coltivazione un gioco in cui scegliere quando e cosa fare fiorire, diagnosticare il sesso della pianta per poi selezionare le madri delle talee.
Nella coltivazione in cella le piante devono essere sottoposte ad un flusso di luce continua di almeno 18 ore durante la fase di crescita, mentre nella fase di maturazione o fioritura le ore di luce scendono a 12. Durante la fase vegetativa è possibile accelerare lo sviluppo fornendo alla pianta 24 ore di luce continua. Questo richiede alcune attenzioni in più. Infatti è necessario aumentare di conseguenza concime e acqua. In ogni caso per una ragione di consumi e di durata delle lampade la soluzione a 24 ore di luce è praticabile senza problemi con lampade a fluorescenza, mentre è fortemente sconsigliata con lampade a scarica nei gas.
Indurre la maturazione sarà altrettanto facile. Basterà infatti diminuire le ore di luce a 12. La pianta per essere messa a fioritura deve avere un altezza adeguata che le permetta di sfruttare la profondità fornita dalla lampada scelta. Solitamente un'altezza compresa tra i 20 e 40 cm permette di completare la maturazione della pianta sfruttando per intero le potenzialità dei bulbi. Nel periodo di fioritura il processo di crescita rallenta fino a fermarsi. E' consigliato inoltre avere piante che non superino il metro di altezza. Se si coltiva una piante che crescono molto in altezza è opportuno contenerne lo sviluppo con potature o vincolando fisicamente la pianta. Per potare correttamente le piante e necessarioo tagliare i germogli apicali favorendo così la crescita dei rami più bassi, questo fa assumere alla pianta una forma più cespugliosa.
Infine è necessario fare molta attenzione che non si verifichino delle infiltrazioni di luce all' interno dell' ambiente durante la fase di buio, altrimenti la pianta potrebbe risentirne, diventando così ermafrodita.

Germinazione, vegetativa e maturazione.

La germinazione

Il primo passo per iniziare la coltivazione è seminare. Questa operazione deve essere condotta con molta cura vista la delicatezza dei germogli durante i primi giorni di sviluppo. Per favorire la germinazione e necessario creare un ambiente tiepido e umido.
. Quando emerge il germoglio togliamo la pellicola e poniamo la piantina alla luce di una lampada a fluorescenza posizionata a 5-10 cm dal germoglio.
Usando contenitori di torba (riempiti con un mix di terriccio + argilla espansa) è possibile avere un terreno ben areato e facilitare la successiva l' operazione di trapianto.
Il processo di germinazione è possibile effettuarlo all'interno di apposite serre riscaldate particolarmente indicate per questo scopo.

La crescita vegetativa

Dopo la germinazione, le piante vanno poste sotto la luce generata da una lampada a fluorescenza (neon) con uno spettro adatto alla fase vegetativa, quindi ricco di toni bianchi.
La luce di colore blu emanata da questo tipo di lampade, favorisce la crescita e lo sviluppo della pianta che diventerà abbondante e compatta. Le piante devono essere sottoposte ad una luce continuata per almeno 18 ore, ma alcuni sostengono che il periodo possa anche durare 24h, accellerando cosi i tempi di crescita.
Quando le piantine raggiungono un altezza adeguata si potrà scegliere il sistema di luci tra quelli a: fluorescenza compatta, MH (ioduri metallici), HPS a spettro ampio (Agro, Grolux) o comninare diverse tipologie di lampade per aumentare ulteriormente lo spettro.
E' inoltre consigliato di uniformare le altezze di crescita con la potatura o la piegatura delle piante più alte, favorendo così un illuminazione ben distribuita su tutte le cime; in alternativa è anche possibile spostare sui lati dell' ambiente le piante più alte che verranno girate periodicamente.
Tutte le operazioni si devono effettuare solo quando l' impianto ha le luci accese, evitando così infiltrazioni durante la fase di simulazione della notte.



Illuminazione
Lampade a fluorescenza, agli ioduri metallici (MH) e al sodio ad alta pressione (HPS)



Per le caratteristiche del loro spettro luminoso e per l'alta intensità di luce emessa, le lampade più popolari tra i coltivatori che utilizzano la luce artificiale sono quelle ai vapori di sodio (HPS) , quelle agli ioduri metallici (MH) o le lampade a fluorescenza.



Le lampade ai Vapori di Sodio (HPS) sono ricche di toni rosso ed arancione e hanno uno spettro luminoso paragonabile a quella del sole in estate: questi colori favoriscono la crescita e la produzione dei fiori. Le lampade HPS standard mancano della parte blu dello spettro luminoso. Per ovviare a questo problema da alcuni anni esistono in commercio dei bulbi HPS a spettro ampio (Philips Agro, Sylvania Grolux…) appositamente realizzati per l’utilizzo in serra. In alternativa possono essere utilizzate in combinazione con le lampade agli ioduri metallici (MH) oppure con quelle fluorescenti. Le lampade HPS a spettro ampio sono un tipo speciale di lampada al sodio che grazie alla capacità di emettere anche toni di luce blu danno la possibilità di impiegare un solo tipo di lampada per tutto il ciclo di vita della pianta, sia per la crescita vegetativa che per la fioritura.



Le lampade agli Ioduri Metallici (MH) hanno uno spettro luminoso con una concentrazione più alta di raggi blu e violetti rispetto alle lampade HPS, pertanto sono indicate per la fase di crescita vegetativa e soprattutto per il mantenimento delle piante madri e delle talee. Anche in questo caso esistono dei prodotti specifici per l’utilizzo in serra, più prestazionali rispetto ai bulbi MH standard.



Le lampade a fluorescenza hanno una resa minore rispetto ai bulbi agli ioduri metallici ma possono essere una valida alternativa nella fase germinativa e vegetativa visto il loro basso costo d'acquisto e gestione. Inoltre hanno il grosso vantaggio di produrre molto meno calore e sono quindi l’ideale per ovviare parzialmente ai problemi di gestione della temperatura. Non solo, la loro evoluzione ha portato ad avere sul mercato delle lampade a fluorescenza compatte (Energy Saving Lamps) che aumentano la prestazione mantenendo contenuti temperature e consumi.

La scelta della lampada

Nella scelta delle lampade per la propria coltivazione è necessario tenere sempre in considerazione le caratteristiche tecniche del prodotto. In particolare le lampade a scarica nei gas (HPS ed MH), in considerazione del fatto che vanno tenute ad una distanza di almeno 25 – 30 cm dalle parti apicali delle piante, hanno una profondità di illuminamento utile di circa 60 cm. Per questo motivo diventa molto importante scegliere delle piante di dimensioni ridotte per poter sfruttare al meglio le potenzialità delle lampade. In generale è anche consigliabile ridurre al minimo la fase vegetativa (quella di accrescimento della pianta) in favore invece di un allungamento della maturazione (fase in cui la pianta rallenta la crescita per dedicarsi alla produzione dei frutti).
Le lampade a fluorescenza invece hanno molta meno profondità di illuminamento utile, ma possono essere tenute a pochi centimetri di distanza dalle piante. Inoltre possono essere tranquillamente utilizzate per cicli di 24 ore su 24 di luce senza timori di danneggiamento della lampada e contenendo comunque i consumi. Quest’elemento può tornare molto utile per ridurre i tempi del ciclo vegetativo. E’ importante ricordarsi sempre che più è breve è il ciclo meno probabilità ci sono che si sviluppino malattie.

Considerazioni generali sulle lampade a scarica di gas

Le lampade che basano il loro funzionamento sul fenomeno fisico della scarica dei gas impiegate nelle coltivazioni indoor sono:
• agli alogenuri con tipica luce bianca (MH);
• al sodio ad alta pressione con buona efficienza luminosa e buona resa cromatica (HPS);

La pressione nelle lampade ad alta pressione oscilla fra 10.000 e 10.000.000 di Pa. Le lampade a scarica in gas, di norma, sono costituite dall’attacco, il tubo di scarica, l’ampolla o il tubo di vetro chiaro che contiene il gas (lampade a scarica di gas) o tubo rico-perto all'interno da uno strato di polveri fluorescenti (lampade fluorescenti) e infine due elettrodi, anodo e catodo, fra i quali si innesca la scarica del gas (esperienza di Towsend).

L’innesco per la scarica si verifica solo quando la tensione applicata è pari alla tensione di scarica in modo da perforare il dielettrico fra il catodo e l’anodo. Una volta avviata la scarica elettrica viene emessa la luce ad opera della colonna di gas interessata dalla scarica (alcuni elettroni danno luogo alla “valanga” ed almeno un elettrone di ogni valanga, a sua volta ne provoca un’altra; gli elettroni eccitati quando ricadono al livello energetico inferiore danno luogo all’emissione di fotoni).

Nel caso delle lampade fluorescenti c'è una prima emissione invisibile (ultravioletto) ad opera dei va-pori di mercurio a bassissima pressione, poi i raggi ultravioletti vengono trasformati in radiazione visibile dal rivestimento interno del tubo (fosfori).

Ad evitare che la corrente assorbita assuma valori elevati e pericolosi, si introduce nel circuito elettrico un reattore che limita tale corrente.
La corrente elettrica assorbita dalla lampada a scarica di gas presenta un angolo di sfasamento con la tensione nominale, tale problema non sussiste nelle lampade ad incandescenza dove la corrente e la tensione sono in fase, ciò è dovuto al carico resistivo della lampada ad incandescenza.
Questo genere di lampade viene utilizzato nella coltivazione indoor poiché emettono pacchetti di spettro continuo, a differenza delle lampade a bassa pressione che emettono righe monocromatiche.

I dati tecnici principali delle lampade riportate sui cataloghi, di norma, sono:
- tensione di alimentazione (V - volt)
- flusso luminoso (lm - lumen)
- efficienza luminosa (lm/W - lumen per watt)
- luminanza media (cd/cm2 – candele per centimetri quadrati )
- temperatura di colore (°K – gradi kelvin)
- indice di resa dei colori
- posizione di funzionamento
- condensatore di rifasamento a 50 Hz (μF).



Lampade a ioduri metallici (MH)






Le lampade agli alogenuri metallici sono costituite da un tubo ai vapori di mercurio con aggiunti degli ioduri metallici (tipo il sodio, sodio/scandio, tallio, cesio, ecc.), che contribuiscono ad aumentare l'effi-cienza delle lampade. La luce delle lampade agli alogenuri metallici è bianchissima e copre tutto lo spettro visibile.
Le lampade agli alogenuri sono molto compatte e presentano una tonalità di luce diurna o bianchissima. Hanno un’ottima resa dei colori, e la loro tonalità di luce è di norma fra i 4000 fino oltre i 5000 gradi Kelvin, ed il loro grado ed indice di colore è pari a 1A/Ra 90-100.



Il pieno flusso luminoso viene raggiunto dopo circa 4 minuti dall’accensione. Possono raggiungere le 5.000 - 6000 ore di vita, ma bisogna considerare che la durata di vita si abbrevia del 30/40% per aumenti di tensione medi del 5%. La caduta di flusso luminoso alla fine della vita è circa del 40%.
Con speciali accenditori o alimentatori possono riaccendersi all'istante.
Bisogna prestare la massima attenzione nel regolare il flusso luminoso delle lampade agli alogenuri, infatti a tensione ridotta possono insorgere aberrazioni cromatiche e diminuire la vita di funzionamento. La corrente di spunto di queste lampade può raggiungere il 190% della corrente nominale.


Lampade ai vapori di sodio ad alta pressione (HPS)




Le lampade al sodio ad alta pressione presentano una maggiore pressione del sodio che lavora anche ad una temperatura maggiore. Sono costituite da un'ampolla e da due elettrodi. Il tubo contiene vapori di sodio ed altri gas inerti tipo il neon ed argon. All'accensione della lampada, la scarica è guidata dal neon poi raggiunto lo stato di regime la lampada funziona tramite il sodio. Le lampade al sodio ad alta pressione presentano una tonalità di luce calda fra il rosa e l’arancione, tonalità di luce minore di 3300 gradi Kelvin, ed un grado ed indice di colore fra 2B/Ra 60-69 - Ra 20-39. La loro efficienza luminosa è superiore a quella delle lampade agli alogenuri e permette di raggiungere i 150 lm/W. In genere emettono fra 5500 e 7500 A ma con intensità decrescente con la lunghezza d'onda (dal giallo al rosso). Aumentando la pressione del sodio fino a 90 kPa, l'efficienza luminosa man mano diminuisce, mentre la luce diviene sempre più bianca.



In definitiva una buona lampada al sodio ad A.P. deve presentare una colorazione rosa/arancio, in quanto avrà un'efficienza maggiore di 100 lm/W.
Il flusso luminoso può essere ridotto del 55% rispetto al nominale, ed il pieno flusso luminoso viene raggiunto dopo circa 10 minuti dall’accensione.
Il fattore di potenza di una lampada al sodio alta pressione è pari a 0,5, mentre la corrente di spunto all'accensione è pari circa al 120% della nominale.
Nel caso di spegnimento si riaccendono dopo pochi minuti in quanto a caldo la tensione di innesco è superiore alla tensione nominale. Con speciali accenditori o alimentatori possono riaccendersi all'istante.
Possono raggiungere le 8.000 – 12.000 ore di vita e la durata di vita non si abbrevia per aumenti o diminuzioni di tensione medi del 5%. La caduta di flusso luminoso alla fine della vita è del 10%.




Lampade a LED per ambienti di coltivazione



Le nuove tecnologie a led hanno permesso di sviluppare delle lampade da coltivazione indoor che sposano le esigenze di consumi ridotti e basse temperature, sempre più ricercate dai growers. Indicativamente con le lampade a led il fabbisogno è di circa 180W – 200W per metro quadrato. Naturalmente più si aumentano i Watt più si può ambire ad una coltivazione di successo. Più basso lo standard necessario per le prime fasi del ciclo vitae delle piante, sull’ordine dei 90W – 120W per metro quadrato.




I vantaggi legati all’uso di illuminazione a led sono molteplici. Innanzi tutto la durata. A fronte di un investimento iniziale più considerevole rispetto ai sistemi con lampade a scarica nei gas si registra però una maggiore longevità. Un led di qualità mantiene le sue caratteristiche di rendimento per un periodo di tempo di 7 – 10 anni. Inoltre combinando tra loro i le di diverso colore è possibile riprodurre sempre lo spettro di luce necessario senza temere sprechi energetici.




Il grande pregio dell’illuminazione a led è però la bassissima produzione di calore. Questa caratteristica permette di far crescere le piante senza lo stress termico tipico degli impianti di illuminazione a ioduri metallici e al sodio ad alta pressione, ed inoltre riduce l’investimento in apparecchi di ventilazione e raffreddamento tanto importante con le tradizionali tecnologie di illuminazione.

Infine i consumi ridotti anche del 70% rispetto ad una lampada a scarica nei gas, assicurano costi di gestione dell’impianto molto ridotti rispetto ai sistemi del passato.



Gestione elettronica.
I controlli pego sono capaci di gestire tutte le fasi necessarie.










venerdì, marzo 15

REFRIGERAZIONE PASSIVA (FUNZIONAMENTO)

DESCRIZIONE

La Refrigerazione Passiva è una tecnologia già conosciuta da tempo applicata su automezzi (camion trasporto gelati) per la conservazione e il trasporto di merci deperibili quali ortofrutta, carni, prodotti ittici, prodotti lattiero caseari, fiori recisi etc.







PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO

Si basa sulla capacità del sistema di accumulare l' energia termica necessaria per il funzionamento autonomo nel periodo specificato mediante congelamento di una soluzione eutettica effettuato dall' unità motocondensante grazie alla quale circola il fluido frigorigeno. Durante il funzionamento la temperatura viene mantenuta costante ai valori ottimali mediante l'assorbimento  in modo progressivo e proporzionale al fabbisogno, di tutto il calore passante attraverso le pareti del mezzo e di quello generato dai prodotti. La fusione della massa termica (calore latente), preventivamente congelata fornisce l'energia necessaria.



L'accumulatore termico ad alta efficienza installato all' interno della cella ricoprendo un elevata superficie di essa (solitamente il 90% del tetto) ed è in grado di mantenere la temperatura interna e l'umidità relativa nel range. +/- 0,5°C, +/- 5 % rispetto al valore ottimale.




Il cuore del sistema sono le piastre eutettiche disposte opportunamente nel vano da refrigerare.

Le piastre sono costituite da due gusci di lamiera d’acciaio a profondo stampaggio, saldati fra loro a rulli a resistenza e contenenti una soluzione che congela e fonde ad una temperatura costante (punto eutettico). Esternamente le piastre sono protette con filo di zinco. All'interno è collocata una serpentina d’acciaio, che funge da evaporatore del circuito frigorifero e consente il congelamento della soluzione.






Per garantire il corretto funzionamento della piastra il congelando la soluzione eutettica deve avvenire prima lungo il perimetro e da ultimo nella parte centrale, è indispensabile che l’entrata del fluido frigorifero avvenga dall'attacco esterno.

















Questi sono alcuni modelli di piastre eutettiche prodotti falla FIC Essa è il principale produttore mondiale
di piastre eutettiche, costruite da oltre 50anni secondo i massimi livelli qualitativi (ISO9001:2000). Un azienda tutta Italiana.


Perché la Piastra Eutettica è migliore dei sistemi ventilati ?


• L’impianto a piastre eutettiche è molto più affidabile dei sistemi ventilati non avendo parti in movimento.
• Con le piastre eutettiche il “freddo” viene ceduto in ogni situazione, sempre alla stessa temperatura, anche a motore fermo e durante l’apertura delle porte.
• La brina che ricopre la piastra non ha un effetto di blocco, come per le alette di un evaporatore ventilato.
• Il costo di un sistema a piastre eutettiche, considerando anche la lunga vita dell’impianto ed i ridotti costi di manutenzione, è mediamente inferiore a quello di un sistema ventilato.
• Il congelamento notturno consente di utilizzare corrente elettrica a costi più favorevoli e avere tempi abbastanza lunghi per ottenere l'accumulo con conseguente riduzione della potenza frigorifera applicata.
• Con le piastre eutettiche (in refrigerazione mobile) si elimina il rumore e l’inquinamento dei motori diesel, situazione particolarmente contestata nei centri abitati.

SVANTAGGI DELLE PIASTRE EUTETTICHE

• Con le piastre eutettiche si ha un lento raffreddamento dovuto al principio che l'aria si muove in cella solo grazie al moto convettivo quindi con ridotta capacità di scambio termico quindi improponibile la dove bisogna raffreddare velocemente (abbattimento)
• Con le piastre eutettiche sono necessarie imponenti strutture per reggere il peso di tutte le piastre.
• Con le piastre eutettiche in celle a 0°C è inevitabile il problema della presenza d'acqua che si forma su di esse, quindi poco adatte a prodotti che non possono essere bagnati.
• Con le piastre eutettiche in caso di realizzazione di celle relativamente grandi i costi tra piastre e struttura portante, lievitano notevolmente rispetto ad un impianto ventilato.
In conclusione è un sistema che risulta interessante su una ridotta tipologia di prodotti la dove si riescono a sfruttare le sue potenzialità.

Per ulteriori informazioni contattatemi pure.




martedì, marzo 12

INVERTER SPORLAN (ILLUSTRAZIONE PARAMETRI)

 Questo prodotto mi ha dato grosse soddisfazioni. Quando abbiamo associato questi inverter a compressori singoli o in centrale i risultati sono stati ottimi, ma le soddisfazioni maggiori sono venute la dove esistevano impianti con grossi errori progettuali (vi garantisco che ne troviamo parecchi) i quali risultavano sovradimensionati o sottodimensionati. Con delle piccole modifiche sul circuito frigorifero e l'aggiunta di questo inverter abbiamo riscontrato dei miglioramenti spettacolari e risolto enormi problemi.
 Sporlan propone una soluzione completa di hardware e software, progettato per rendere l’impianto il più efficiente possibile. Il risparmio energetico è basato su un controllo proporzionale della potenza erogata dal compressore in base alla richiesta del carico termico. Gli inverter proposti da Sporlan si dividono in due famiglie e cioè: 
-Nella versione più semplice, iSpeed è un inverter per centrali frigorifere che funziona come uno slave di un controller per rack di compressori esterno.

-Nella versione più avanzata, iSpeed è un controller per centrali frigorifere intelligente in grado di controllare sia la centrale di compressori che le ventole dei condensatori. (si risparmia il controllore per la centrale)


Questa è una configurazione possibile, in questo caso l'inverter e accessori sono Sporlan, e il quadro elettrico ed elettronica sono della Pego. (una combinazione che mi piace)

Ora descriviamo i parametri principali del modello più piccolo della serie. (per ora ho solo questo file, in futuro parleremo dei modelli più grandi)




Questi documenti arrivano nella confezione. Premetto che quando ordinate un inverter Sporlan potete richiedere che venga programmato ( è una cosa che consiglio vivamente) in base alle specifiche del vostro impianto. Quando l'inverter arriva programmato, su questi fogli troverete i parametri personalizzati scritti a penna. (Ricordate che i parametri più  importanti e critici sono protetti da password quindi fate molta attenzione nel volerli modificare)   




Ma ora passiamo ai parametri.
                                                                                                                                                                  

IN CASO DI SPECIFICHE PIÙ DETTAGLIATE NE DOBBIAMO PARLARE IN PRIVATO.




Parametri di solo lettura.
C1: Pressione espressa in Bar letti dalla sonda pressione in aspirazione. (il trasduttore di bassa è indispensabile) 
C3 Pressione espressa in Bar letti dalla sonda pressione sullo scarico (valore visibile solo con trasduttore di alta installato)
L' inverter può gestire le ventole condensatore tramite un segnale in corrente e un eventuale secondo compressore on-off.

Altri parametri sono da discutere in privato.   




Parametri di regolazione.
C6: E' il set di regolazione che vogliamo ottenere espresso in Bar. 
C7: E' il set alla quale vogliamo far fermare il compressore espresso in Bar.
C8: E' il set alla quale vogliamo far fermare il compressore espresso in Bar.

Altri parametri sono da discutere in privato.   






Questa serie di parametri sono molto delicati, essi permettono di scegliere: Frequenza minima, massima, salti frequenze critiche ecc. 
Altri parametri sono da discutere in privato.   



Questo è un classico collegamento: Filtro antidisturbo, inverter, contattore, compressore.
Gli interruttori differenziali a protezione della linea devono essere del tipo......................... 
N.B. Non deve mai capitare che l'inverter vada in funzione e poi attacchi il contattore, a quel punto la partenza sarebbe molto violenta e si andrebbero a creare delle extracorrenti dannose. 




Questo è lo schema di collegamento degli ingressi digitali per il funzionamento e gli ingressi analogici per le sonde di pressione. (molto semplice quindi inutili i commenti)








Tabella allarmi 

Per ulteriori chiarimenti contattatemi pure.



GLI INVERTER IN REFRIGERAZIONE E CONDIZIONAMENTO


Gli inverter in refrigerazione e condizionamento (descrizione usi) 

In commercio oggi troviamo prevalentemente il motore asincrono trifase, un tipo di motore molto semplice, robusto ed economico. (Ringraziamo il genio di Tesla)
Questo motore negli anni ha guadagnato un mercato sempre maggiore, occupando, grazie all’elettronica di controllo, anche settori che un tempo erano ad uso esclusivo dei motori in corrente continua.
Sul mercato sono reperibili numerosissimi modelli, e la gamma di potenza spazia da poche centinaia di watt fino a motori che superano i 600 kW.
Tuttavia, come si vedrà più avanti, questi motori quando collegati direttamente alla rete hanno il difetto di girare a velocità praticamente costante. L’inverter è un dispositivo nato proprio per risolvere questo problema, ma prima analizziamo la conformazione dello statore per vedere come da esso dipenda la velocità di un motore trifase. In questa descrizione parleremo solo dei  motori asincroni con rotore in cortocircuito (a gabbia di scoiattolo), e non i motori a rotore avvolto, ai quali l’applicazione con inverter praticamente non ha senso.


Alcune precisazioni sulla e velocità di rotazione.
Lo statore di un motore elettrico trifase è la parte fissa nella quale sono inseriti i tre avvolgimenti primari, e ad essi viene applicata la tensione di alimentazione. All’interno dello statore si trova il rotore, che trascinato dal campo magnetico degli avvolgimenti statorici si pone in rotazione. Dato che l’alimentazione è in corrente alternata, e che gli avvolgimenti sono montati sfalsati di 120°, il campo magnetico risultante è un Campo Magnetico Rotante, che gira ad una velocità direttamente in proporzione alla frequenza della tensione di alimentazione. In pratica applicando una tensione a 50Hz esso compie 50 giri al secondo, ossia 3000 giri
al minuto.





La tecnologia costruttiva dei motori elettrici permette comunque di costruire motori con più “terne” di avvolgimenti statorici, cosicché ognuna delle quali forma la cosiddetta Coppia Polare, (o anche due poli).


Quando lo statore viene costruito con più di una coppia polare il Campo Magnetico Rotante non gira più a 3000 Giri, ma a velocità inferiori, vista la presenza di altri poli magnetici che permettono al rotore di percorrere meno spazio prima di trovare il polo che lo attrae”.
Da ciò deriva che sono realizzabili motori con diverse velocità, che a 50 Hz significa :



Tipicamente i costruttori hanno a catalogo motori a 2,4,6,8 poli, mentre per modelli con un numero di poli superiore è necessario richiederne la costruzione su misura. Ricapitolando quindi, nello statore si trovano i due “fattori” che influiscono nella velocità di rotazione di un motore , e cioè :
• la frequenza della tensione di alimentazione;
• le coppie polari, ossia il numero di “terne” di avvolgimenti che costituiscono lo statore.
Dato che non è possibile modificare le coppie polari, si deduce che per regolare la velocità di un motore trifase è necessario variare la frequenza con cui lo si alimenta.


Giri 
Come già visto in motore trifase il rotore è mantenuto in rotazione dal campo magnetico rotante prodotto dalle correnti che circolano negli avvolgimenti trifasi dello statore.
La velocità del campo magnetico rotante è calcolabile con la seguente formula :

ns =         120 * f
                   2 p
Dove :
n s = Numero di Giri al Minuto (del campo di statore)
f = frequenza di alimentazione
2p= Numero di poli che costituiscono il motore

Visto che le coppie polari sono un fattore costruttivo, l’unico parametro elettrico che può influire sulla velocità del motore è appunto la frequenza.
Detto questo sembrerebbe risolto il problema di come regolare la velocità di un motore elettrico.
Basta un dispositivo che alimenti un motore con corrente alternata a frequenza variabile a seconda delle esigenze dell’utente, e questo dispositivo è proprio l’inverter.


Tra l’altro alla luce della formula indicata, nulla toglie alla possibilità di alimentare i motore con una frequenza superiore a quella di targa, per fargli così raggiungere delle velocità più elevate.
Purtroppo però, come si vedrà a breve, ci sono altri parametri elettrici da controllare per mantenere il funzionamento del motore entro le caratteristiche progettuali. In particolare la frequenza incide notevolmente sulle reattanze e sul flusso magnetico per cui è necessario ricorrere ad alcuni accorgimenti per garantire al motore le prestazioni meccaniche” nominali.
In pratica, senza addentrarsi in formule specifiche, se si varia la frequenza con cui si alimenta il motore al fine di modificare la velocità si avrebbe come conseguenza :
• Per valori inferiori a 50 Hz - un aumento del flusso magnetico,
• Per valori superiori a 50 Hz - una diminuzione del flusso magnetico.
Come già detto, invece, per conservare inalterate le caratteristiche meccaniche del motore, è necessario garantire che il flusso magnetico rimanga più vicino possibile al valore stabilito dal costruttore.
L’unica variabile che può essere usata per risolvere il problema è la tensione, e quindi per concludere quindi il motore trifase può essere controllato in frequenza a patto che il rapporto V / f venga mantenuto il più costante possibile, in modo da assicurare che nel motore il flusso magnetico si mantenga nei valori stabiliti dal costruttore.


Inverter a Frequenza Variabile
L’inverter a frequenza variabile serve per regolare la velocità dei motori trifasi.
La velocità di rotazione del motore è strettamente connessa con la frequenza della tensione con cui lo si alimenta. Nell’inverter la tensione alternata della rete (trifase o monofase) viene raddrizzata in corrente continua e quindi viene riconvertita in corrente alternata trifase a frequenza variabile per alimentare il motore.


Il valore della frequenza in uscita può quindi essere scelto a piacere dall’utilizzatore a seconda della velocità di funzionamento che si vuole far raggiungere al motore.
Sul mercato sono disponibili taglie che vanno da potenze minime di 500W fino a oltre 500 kW con la tensione industriale di 400V (Bassa Tensione), ed addirittura a 10 MW con gli inverter a 6000V (in media tensione).
In linea generale un inverter potrebbe essere utilizzato sia per motori sincroni che per motori asincroni, ma in questa trattazione ci occuperemo solamente del motore asincrono in bassa tensione.

Vantaggi Economici 
Un breve esempio può far capire il vantaggio che comporta l’uso di un inverter.
Negli impianti idraulici, il modo più semplice per diminuire o regolare una portata è quello di agire su di una valvola, introducendo in pratica una strozzatura sul percorso del fluido.
Per contro, il motore elettrico che aziona la pompa o il ventilatore , continua ad assorbire la stessa potenza di prima, anzi c’è anche la possibilità che assorba qualcosina di più. Si rischiano inoltre fenomeni come la cavitazione della girante, oppure sibili ed altri rumori fastidiosi (ad esempio nelle canalizzazioni dell’aria condizionata). Azionando invece il motore della pompa o del ventilatore con una velocità proporzionata
a quanto necessita l’impianto, si avrà un consumo elettrico proporzionato al lavoro
richiesto. E’ vero che l’inverter introduce delle perdite per circa un 4%, ma questo svantaggio viene
tipicamente ammortizzato dal minor consumo in un tempo molto breve, soprattutto negli impianti con molte ore di funzionamento annuo.

Convenie l'uso dell’inverter nei gruppi frigoriferi e di condizionamento?
Si direbbe di si, visto come viene pubblicizzato da chi lo vende. Sembra la soluzione ottimale che permette di avere alta efficienza energetica e regolazione pressoché perfetta in ogni condizione.
In parte ciò è vero, anche se la realtà appare molto più complessa e riserva sorprese, non sempre piacevoli.
Per prima cosa, bisogna capire chi lo usa. Nel condizionamento dell’aria l’inverter viene attualmente utilizzato:
- nei gruppi frigoriferi con turbocompressore centrifugo;
- nelle macchine ad espansione diretta (split-system e Vrf ) con compressori volumetrici, rotativi o scroll.
Tra compressori centrifughi e compressori volumetrici c’è una differenza abissale nel comportamento perché lavorano secondo principi diversi.

L’inverter è un dispositivo elettronico atto a generare una corrente alternata a partire da una corrente continua; talvolta viene anche detto “convertitore statico di frequenza”.In linea di massima si individuano due tipi di inverter : a frequenza costante ed a frequenza variabile.(noi ci concentreremo su quelli a frequenza variabile)



Differenze tra vari compressori.
I compressori scroll, vite e rotativi a palette, sono macchine volumetriche, mentre i compressori centrifughi sono turbomacchine. Il principio di funzionamento è totalmente diverso.
Nei compressori volumetrici la pressione aumenta perché si riduce il volume della camera di compressione tra ingresso ed uscita del refrigerante.
Nei turbocompressori non vi è riduzione del volume della camera di compressione, ma una variazione dinamica della direzione e della velocità del flusso di refrigerante. In particolare, la variazione di pressione avviene perché varia il momento della quantità di moto del refrigerante. Una prima sostanziale differenza nel comportamento è data dalla variazione del salto di pressione (o prevalenza) al variare del numero
di giri. Mentre nei compressori volumetrici il salto di pressione ottenibile è sostanzialmente indipendente dalla velocità di rotazione, nelle turbomacchine il salto di pressione si riduce con il quadrato del numero
di giri. Di conseguenza, mentre nei compressori volumetrici il numero dei giri può essere ridotto a prescindere dal salto di pressione richiesto, nei turbocompressori la riduzione è possibile solamente
se vi è una contemporanea riduzione del salto di pressione.  La portata di refrigerante, invece, varia linearmente con il numero di giri per entrambe le tipologie di compressore.

Compressori volumetrici (Variazione dei giri)
Detta così parrebbe estremamente vantaggioso l’uso dell’inverter nei compressori volumetrici, proprio per le loro caratteristiche di funzionamento. Poter ridurre a piacimento il numero dei giri, quindi la portata di refrigerante, qualsiasi sia il salto di pressione richiesto, consente una regolazione della potenza estremamente

precisa. Il rendimento di regolazione è molto elevato, perché la riduzione di portata volumetrica comporta una diminuzione della pressione di condensazione, un aumento della pressione di evaporazione. Ciò sarebbe completamente vero solo se la variazione del numero di giri non influenzasse il rendimento del compressore. In realtà, il rendimento dei compressori volumetrici è molto influenzato dalla variazione del numero di giri. In particolare:
- all’aumentare del numero di giri, aumenta la portata di refrigerante, per cui aumentano le perdite dovute al passaggio del refrigerante stesso negli orifizi di aspirazione e di scarico. Aumentano anche gli attriti dovuti alla maggiore velocità di rotazione.
- Al diminuire del numero di giri, diminuiscono le perdite per il passaggio del refrigerante e per attrito. Tuttavia peggiora la tenuta tra aspirazione e mandata, che nelle macchine volumetriche è sempre legata, anche se in modi diversi, alla velocità di rotazione.



Aumentano, quindi, le perdite per trafilamento tra mandata, a pressione maggiore, e aspirazione, a pressione minore. Questo aumento delle perdite fa peggiorare il rendimento al ridursi del numero di giri, in modo drastico per velocità ridotte. In ogni caso non si può far funzionare un compressore a meno di 30 Hz per ragioni legate sia alla tenuta che alla lubrificazione. E’ allora interessante calcolare come si modifichi il rendimento di un compressore volumetrico al variare sia della temperatura di condensazione che della frequenza della corrente di alimentazione (quindi del numero di giri: la velocità di rotazione varia linearmente
con la frequenza).
Ancora più interessante è valutare come vari il rendimento in funzione del rapporto di compressione, inteso come rapporto tra la pressione assoluta di mandata e la pressione assoluta di aspirazione.
Più alto è il salto di pressione richiesto, più alto è anche il rapporto di compressione.


Inverter in refrigerazione
Per prima cosa bisogna verificare quale sia la variazione di resa del compressore e quindi del gruppo frigorifero al variare del numero di giri. Al ridursi della velocità di rotazione, diminuisce la temperatura di
condensazione e aumenta leggermente la temperatura di evaporazione. Di conseguenza la potenza fornita dal compressore diminuisce in modo minore rispetto alla riduzione di velocità.  In funzione della temperatura dell’aria esterna, la riduzione della frequenza deve sempre essere superiore alla riduzione di potenza richiesta. Ad esempio, a 35°C, se il 100% di potenza viene fornito a 90 Hz, il 60% della potenza si ottiene a 48 Hz, anziché a 54 Hz come sarebbe se la riduzione fosse assolutamente lineare.
A 20°C dell’aria esterna il 100% di potenza si ottiene a 73 Hz (quindi con una riduzione del 19% dei giri), mentre per ottenere il 60% della potenza la frequenza deve scendere a 43 Hz. Di conseguenza la riduzione di potenza avviene ad alta efficienza (ovvero con alimentazione superiore a 45 Hz) solamente per percentuali superiori al 54% e al 63% della potenza, a seconda della temperatura dell’aria.
Per potenze inferiori il rendimento di parzializzazione scende drasticamente, rendendo poco conveniente l’utilizzo dell’inverter. In ogni caso non è possibile parzializzare oltre il 38% in qualunque condizione. Oltre questa soglia il compressore deve lavorare Onoff.



Inverter su monocompressore.
Nel caso di piccoli gruppi frigoriferi monocompressore l’uso dell’inverter permette una efficace regolazione della temperatura in uscita, altrimenti impossibile con la regolazione on-off. Per questo motivo ha senso sfruttare il più possibile la riduzione di potenza frigorifera (riduzione fino a 30 Hz) anche a costo di penalizzare il rendimento in parzializzazione. A 30 Hz il rendimento varia dal 75% con bassi rapporti di compressione, per scendere quasi al 50% per rapporti di compressione pari a 6,5. Di conseguenza, la parzializzazione tramite inverter ha un rendimento
sufficientemente elevato fino a che si regola tra 90 Hz e 45 - 40 Hz, ma peggiora nettamente per frequenze inferiori. Tanto per dare dei punti di raffronto, un compressore a vite con cassetto ha
un rendimento in parzializzazione pari a 0,92 al 75% della portata di refrigerante di e dello 0,8 al 50% della portata di refrigerante. Questi valori sono abbastanza simili a quelli ottenibili con l’inverter
fino a circa 40 Hz, ma diventano nettamente inferiori per frequenze minori. Questi risultati sono molto importanti, perché fanno intuire che l’inverter può portare a buoni risultati nel caso di gruppi frigoriferi
funzionanti in solo freddo (rapporto di compressione inferiore a 4), mentre più dubbia è la loro applicazione nelle pompe di calore in regime invernale (rapporto di compressione prossimo a 6).






Inverter su multicompressori.
I gruppi frigoriferi con più compressori si comportano in modo diverso a secondo del tipo di compressore adottato. I gruppi frigoriferi con compressori scroll montati gemellati (due o più su ogni singolo circuito) sono i più efficienti in assoluto. Per macchine di questo tipo non è assolutamente conveniente utilizzare l’inverter in tutti i compressori, perché aumenterebbe il loro costo e diminuirebbe l’efficienza totale, a causa del basso rendimento in parzializzazione al variare del numero di giri. Molto meglio utilizzare un unico compressore con inverter per ogni singolo circuito, mettendolo in parallelo con altri privi d’inverter. Questo compressore non deve mai lavorare al di sotto della frequenza di 45 Hz per limitare al massimo l’inefficienza del sistema.
La regolazione deve avvenire riducendo prima il numero di giri del compressore con inverter, fino a 45 Hz. Al di sotto di questa soglia, si disattiva uno degli altri compressori del circuito, mentre il compressore
con inverter torna a funzionare alla frequenza richiesta dal carico frigorifero.Con i compressori a vite l’utilizzo dell’inverter permette un miglioramento dell’efficienza solamente se si limita la riduzione della frequenza
a 45 Hz. L’utilizzo dell’inverter nei gruppi frigoriferi è sicuramente una strada da seguire, specialmente nel caso di macchine di piccola potenza con un unico compressore e più utenze. I vantaggi sono legati ad un migliore controllo della temperatura e ad una maggiore efficienza energetica. Nelle pompe di calore in regime invernale l’inverter porta ad un peggioramento delle prestazioni energetiche, a causa della diminuzione del rendimento del compressore ad alti rapporti di compressione e bassi numero di giri. In questa particolare condizione sembra migliore il sistema di parzializzazione alternativa con separazione ciclica delle spirali dello scroll, utilizzata nel Digital scroll di cui abbiamo parlato in un post precedente.


Per ulteriori informazioni contattatemi pure.






lunedì, marzo 11

LO SBRINAMENTO AD INVERSIONE DI CICLO

Risposta per Armando che chiedeva chiarimenti sullo sbrinamento ad inversione di ciclo.

a mio avviso è in assoluto il sistema migliore per lo sbrinamento, anche se sui grossi impianti i componenti per realizzarlo iniziano a diventare costosi, è per questo che quasi tutti preferiscono le resistenze elettriche a discapito dei consumi (solita storia )

Passiamo ora al circuito:



La valvola ad inversione di ciclo (posizione 1) permette di invertire il senso di passaggio de fluido e il rispettivo ruolo degli scambiatori. Durante tutta la durata dello sbrinamento l'evaporatore diventa condensatore, poiché è alimentato dal gas di mandata. Il controllore della Pego raffigurato permette di eseguire tutte le funzioni necessarie per questo tipo di sbrinamento.

L'elettrovalvola ( posizione 2 ) sul liquido permette di arrestare il compressore tramite la messa in vuoto , al fine di facilitare il ritorno di olio. (in sbrinamento chiusa)

L'elettrovalvola (posizione 3) è di tipo normalmente aperta, il suo ruolo è di impedire che il fluido contenuto nel ricevitore di liquido allaghi il condensatore, il quale deve assicurare la funzione di evaporatore durante il ciclo di sbrinamento. (in sbrinamento alimentata quindi chiusa)

Le valvole di non ritorno ( posizione 4 ) dirigono il liquido attraverso la valvola termostatica in cella ( posizione 6 ) durante il ciclo di raffreddamento e attraverso l'altra valvola (riferimento 7) durante lo sbrinamento.

Il filtro (posizione 5 ) è del tipo biflusso visto che il verso si inverte anche su di esso.

La valvola termostatica (posizione 6 ) con equalizzatore esterno, indispensabile vista la presenza di un distributore di liquido e quindi tiene conto della perdita di carico nell'evaporatore. Da notare il regolatore di avviamento (posizione 10 ) quindi non è necessaria una valvola termostatica con punto M.O.P.

Valvola termostatica manuale (posizione 7 ) chiamata anche valvola pressostatica, viene utilizzata solo in sbrinamento. (Si potrebbe utilizzare anche una valvola termostatica per ottimizzare la potenza del condensatore, ma in quel caso sarebbe obbligatorio usare una valvola M.O.P. per evitare le sovrapressioni nel sistema termostatico durante il ciclo di refrigerazione.

Termostato di fine sbrinamento (posizione 8 ) stesso principio degli sbrinamenti elettrici.

Separatore di liquido o accumulatore ( posizione 9 ) protegge il compressore dai ritorni di liquido nel momento delle inversioni di ciclo quando la valvola termostatica è molto aperta.

Ed in fine ma non meno importante il regolatore di avviamento (posizione 10 ) che mantiene una pressione costante anche dopo un ciclo di sbrinamento.

Circuito in fase di raffreddamento. 





Circuito in fase di sbrinamento. 


  
Spero di essere stato abbastanza chiaro in questa descrizione.
Per ulteriori informazioni contattatemi pure.



LO SBRINAMENTO A GAS CALDO

Lo sbrinamento a gas caldo viene fatto iniettando i gas di scarico surriscaldati all'interno dell'evaporatore subito a valle della valvola termostatica o capillare (In caso di impianto a valvola termostatica la dove è installata una valvola solenoide sulla liquida, questa deve restare chiusa durante lo sbrinamento. I Gas caldi iniettati nell'evaporatore a causa della bassa temperatura e del eventuale presenza di ghiaccio tendono a condensare velocemente. A differenza dello sbrinamento elettrico tramite resistenze questo sistema richiede il funzionamento del compressore durante la fase di sbrinamento con ventole evaporatore e condensatore ferme.

Ora passiamo alla circuitazione: 


Ora vediamo dove creare l'attacco per prelevare il gas caldo (posizione 1) la quale deve essere effettuata sul lato alto del tubo onde evitare trappole d'olio.



Dopo aver realizzato la presa di gas caldo bisogna installare un elettrovalvola N.C. la quale renderà automatico il sistema (su grossi impianti si usa un rubinetto e quindi le procedure di sbrinamento vengono azionate in manuale) Si può usare anche una valvola a 3 vie in questo modo si risparmia la valvola di ritegno descritta in seguito.






In fase di sbrinamento dobbiamo fare in modo che tutto il gas di scarico venga convogliato verso l'evaporatore a temperatura più alta possibile è per questa ragione che deve essere installata una valvola di non ritorno (posizione 3) la quale permette (grazie al suo differenziale di apertura) ai gas di fluire prevalentemente verso l'evaporatore. Buona norma è prevedere alcuni rubinetti di intercettazione per facilitare eventuali interventi o sostituzioni.


Ora grazie alla terza tubazione possiamo andare verso l'evaporatore e collegarci come sopra illustrato e cioè tra il distributore a ragno e la valvola termostatica sempre dal lato superiore, preciso che esistono raccordi speciali (tipo LG Danfoss) che permettono una distribuzione anulare quindi con ottima ripartizione.
Come anticipato in precedenza i gas caldi inviati all'evaporatore e avendo i ventilatori fermi in cella si crea una condizione pericolosa per il compressore dovuta ai colpi di liquido.



Con questa tipologia di sbrinamento è indispensabile un separatore di liquido (posizione 7) Nonostante la sua presenza durante lo sbrinamento con i gas che condensano velocemente all'interno dell' evaporatore il quale ha i ventilatori ovviamente fermi il separatore si ritrova ad essere invaso da grossi volumi di liquido. Quindi per evitare gli eccessi L'accumulatore di liquido è immerso a bagnomaria preferibilmente con olio e non acqua visto che evaporerebbe molto velocemente (posizione 8) e mantenuto a circa 30°C da un termostato a immersione (posizione 9) che comanda una resistenza elettrica. Questo controllore della Pego presenta tutti i requisiti per effettuare questo tipo di sbrinamento.I tempi di sbrinamento di solito non superano i 5 minuti con frequenze stabilite in virtù dell'utilizzo della cella.


Dove posso utilizzare questo tipo di sbrinamento?

Questo sistema viene usato molto spesso nelle macchine per il ghiaccio a cubetti per permettere la formatura.
Particolarmente interessante è l'utilizzo di questo sistema su grosse celle munite di più evaporatori collegati allo stesso gruppo di condensazione. In effetti permette di sbrinare gli evaporatori individualmente uno dopo l'altro e quindi di controllare meglio la temperatura ambiente. 


Posso sbrinare a gas caldo su un circuito con un solo evaporatore?

Fondamentalmente SI. Bisogna tener presente che con questo tipo di sbrinamento il calore disponibile è alquanto limitato (solo calore di compressione) quindi ci deve essere un giusto rapporto compressore evaporatore. A titolo di esempio risulta efficace in impianti a bassa temperatura o ancora meglio in impianti di surgelazione visti i rapporti tra compressore e superficie evaporatore.
Durante lo sbrinamento l'elettrovalvola sulla linea del liquido resta chiusa e l'evaporatore viene alimentato solo da una piccola portata di gas caldo. Poiché il compressore continua ad aspirare normalmente, la pressione di aspirazione diminuisce molto ma se la pressione nell'evaporatore scende sotto lo 0°C (per fluido utilizzato) non riusciremo più a sbrinare correttamente. 

Precauzioni sugli impianti multi-evaporatore.

Nelle grandi celle si consiglia di non sbrinare più di un quarto o massimo un terzo della superficie totale di evaporazione dell'impianto. A titolo di esempio: Se ci sono tre evaporatori in una cella bisogna sbrinarli uno alla volta. Inoltre se la superficie da sbrinare è troppo grande il tempo necessario al compressore per far riscendere la BP dopo uno sbrinamento rischia di essere troppo lungo.Quindi si rischia un sovraccarico che farà intervenire o la protezione termica o il Krivan o il pressostato di massima. Per ovviare a questo problema si usa un regolatore di pressione al Carter come di seguito:


 Il regolatore (posizione 10) protegge il compressore da eccessivi carichi (per intenderci la KVL Danfoss) che va regolata in base alle caratteristiche del compressore.

sabato, marzo 9

VALVOLA A 4 VIE PER L'INVERSIONE DI CICLO

Questo post è in risposta alle richieste di due lettori Giovanni e Flavio che chiedevano qualche chiarimento sul funzionamento della valvola a 4 vie.

Queste valvole sono usate maggiormente in condizionamento sulle pompe di calore per permettere di invertire il ciclo passando dal regime estivo (raffreddamento) al regime caldo (riscaldamento). Oggi sempre più spesso vengono usate in refrigerazione come sistema di sbrinamento visto che questo sistema risulta più efficiente e non si ha la necessità di usare grosse resistenze elettriche.

Dal disegno si deduce che essa è composta da : Una valvola principale a 4 vie e da una piccola elettrovalvola pilota a 3 vie la quale viene montata solitamente sul corpo della valvola principale.

Iniziamo parlando della valvola principale a 4 vie:




 Precisiamo che dei 4 collegamenti presenti sulla valvola principale, 3 li troviamo da un lato con al centro sempre l'aspirazione del compressore, e il quarto sull' altro lato che è sempre lo scarico del compressore.


 I passaggi interni sono commutabili grazie ad un gruppo mobile (posizione 3) di questo gruppo mobile fanno parte anche 2 pistoni (posizione 4) Ognuno dei due pistoni è fornito di un orifizio (posizione 5) ed inoltre è presente una valvola a spillo su ognuno dei 2 pistoni (posizione 6), in ultimo 3 capillari (posizione 7) sono saldati al corpo della valvola principale e collegati alla valvola pilota. 

Ora per capirci meglio prendendo una valvola non collegata al circuito, e alimentando semplicemente la bobina sentiremmo solo il ticchettio della pilota 3 vie, ma nella valvola principale non succederebbe assolutamente niente questo perché essa per funzionare ha bisogno per forza che al suo interno siano presenti sia  l' alta pressione e sia la bassa pressione.
  
La mandate HP, e l'aspirazione del compressore sono sempre collegate come sopra rappresentato,ora a titolo di esempio per raffigurare meglio il funzionamento sostituiremo la valvola pilota a 3 vie con 2 rubinetti manuali (riferimento 5-6) Adesso passiamo al funzionamento vero e proprio: Al centro della valvola la HP esercita una forza sui 2 pistoni che spinge il gruppo verso sinistra (riferimento 1) e nello stesso tempo verso destra (riferimento 2) quindi cosa fa questo gruppo ?? Essendo queste due forze identiche si annullano. Ricordiamo pero' che i due pistoni presentano un orifizio, quindi la HP può passare dietro al pistone di sinistra (riferimento 3) e quindi si avrà una spinta del gruppo verso destra. Contemporaneamente la HP passa ugualmente dietro al pistone di destra (riferimento 4) ma siccome la valvola 6 è aperta e il diametro del capillare di collegamento è molto più grande del diametro dell'orifizio sul pistone, questo fa si che la massa di gas HP che attraversa questo orifizio sia subito aspirate dalla BP. La pressione dietro al pistone di destra (riferimento 4) si stabilizza con la BP. Alla fine la forza più grande dovuta alla HP spinge il gruppo verso destra mettendo in comunicazione la mandata del compressore con la tubazione di sinistra (riferimento 7) e l'aspirazione con la tubazione di destra (riferimento 8).



COMMUTAZIONE




Adesso applicando la HP sulla destra (valvola 6 chiusa) e la BP a sinistra (valvola 5 aperta) la forza dominante spinge il gruppo verso sinistra il quale mette in comunicazione la mandata con la tubazione di destra (riferimento 8) e l'aspirazione con la tubazione di sinistra (riferimento 7) 



 (Alcuni costruttori per avere un effetto amplificato usano la pilota tre vie per aziona una piccola valvola quattro vie che a sua volta va a comandare la quattro vie principale) 



Parliamo ora della valvola pilota:


Dalla descrizione si evince che il funzionamento della valvola 4 vie è possibile grazie alla differenza di pressione tra HP e BP. Per questo lavoro si utilizza la valvola pilota a 3 vie. La via centrale è la via in comune la quale è sempre collegata alla BP.




Quando la bobina non è alimentata la via di destra è chiusa e la via di sinistra è in comunicazione con la BP, viceversa quando la bobina è alimentata la via di destra è messa in comunicazione con la BP e la via di sinistra è chiusa.


Circuito frigorifero a blocchi con valvola 4 vie. 



Non essendo alimentata la bobina dell'elettrovalvola pilota la sua via di sinistra cosi come la parte sinistra del gruppo, è messa in comunicazione con la BP (teniamo sempre presente che il diametro del orifizio sul pistone è molto più piccolo del diametro dei capillari di collegamento) Visto che la HP è sulla destra del gruppo la differenza di pressione tende a spingere bruscamente sulla destra della valvola principale. Arrivando in fondo a sinistra lo spillo presente sul pistone (riferimento A) chiude l'orifizio di collegamento del capillare in modo che interrompa il passaggio di gas, diventato a quel punto inutile. A questo punto la pressione va di nuovo ad equilibrarsi con la HP a sinistra del gruppo ma siccome la HP si trova ugualmente a destra , il gruppo non potrà più cambiare posizione. 



 Ora alimentando la bobina si mette in comunicazione la parte destra del gruppo con la BP ed il gruppo si sposta bruscamente verso destra. Arrivando a fine corsa lo spillo del pistone interrompe il passaggio di gas chiudendo il passaggio di collegamento del capillare.

Per ulteriori chiarimenti contattatemi.