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domenica, marzo 30

SPORLAN PARKER ALCUNI PRODOTTI INTERESSANTI

SOLENOIDE CON VALVOLA DI NON RITORNO INCORPORATA




La valvola a solenoide con valvola di non ritorno incorporata è progettata per sostituire una valvola a solenoide sulla linea del liquido in parallelo ad una valvola di non ritorno per
l’inversione del ciclo. Questa valvola può essere usata nella linea del liquido di espositori di supermercati
per la chiusura a tenuta durante la fase di arresto, mentre permettendo il completo flusso del refrigerante nella direzione inversa, durante la fase di sbrinamento con gas caldo. Essa può essere usata anche nella linea del liquido di una Pompa di Calore per impedire la migrazione del refrigerante al condensatore esterno durante la fase di riscaldamento, permettendo invece la piena portata del refrigerante quando scorre nella direzione opposta nella fase di raffreddamento.
Nota: Con Flusso Inverso/Ciclo Raffreddamento, la valvola non si chiude.
Massima pressione di funzionamento – Valvole della serie
E42 – 31 bar, per tutti gli altri modelli – 34,5 bar.



VALVOLE TRE VIE PER IL RECUPERO DI CALORE





Le valvole a tre vie Sporlan per Recupero di Calore hanno tenuta ermetica in materiali sintetici, progettate specificatamente per commutare il passaggio del gas caldo dal condensatore normale a quello di recupero.

Funzionamento Tipo “B”
Condensatore Normale (Esterno) – Diseccitata – Con il pilota della valvola diseccitato la pressione di mandata non può entrare nella cavità superiore dell’assemblaggio della tenuta a pistone. Allo stesso tempo il pilota superiore ha il passaggio aperto alla pressione di aspirazione. La risultante pressione differenziale
sul pistone, spinge la tenuta pistone in chiusura del passaggio del condensatore di recupero (Parte superiore). Quando la valvola pilota si apre, la cavità al di sopra del pistone apre sull’aspirazione.
Lo svuotamento del condensatore di recupero è controllato dal foro calibrato sul pistone. Dopo che il condensatore di recupero è stato svuotato, e la valvola continua a lavorare sul condensatore normale
tutti i flussi cessano, eliminando così il passaggio dall’alta alla bassa e la conseguente perdita di capacità.

Tipo “C”
Condensatore Normale (Esterno) – Diseccitata – Col pilota diseccitato, la pressione di mandata non può entrare nella cavità al di sopra dell’assieme tenuta pistone. Allo stesso tempo la parte superiore del pilota è aperta sulla pressione di aspirazione. La pressione differenziale risultante, conduce l’insieme tenuta-pistone a
chiudere il passaggio principale del condensatore di recupero (superiore). Il pistone non bleed impedisce la comunicazione tra lato mandata ed aspirazione in funzionamento con il solo condensatore normale.

Tipo “B” e “C”
Condensatore di Recupero (Riscaldamento) – Eccitata – Quando la valvola pilota è eccitata, la pressione di mandata può passare alla parte inferiore del pilota. Allo stesso tempo la parte superiore del passaggio pilota è chiuso sul lato aspirazione. La pressione di mandata spinge sulla parte superiore del pistone e muove
l’insieme tenuta-pistone a chiudere il passaggio sul condensatore normale ed aprire il passaggio su quello di recupero. Col passaggio superiore chiuso non c’è comunicazione mandata ed aspirazione col sistema operante in modo recupero.

Sistemi per Recupero Calore con regolatore di pressione di mandata, doppio condensatore con valvola di non ritorno incorporata

Quando si adopera un recuperatore di calore in un sistema di refrigerazione, l’aggiunta di un regolatore di pressione di mandata è importante non solo per mantenere la pressione del liquido all’ingresso della valvola, ma anche per assicurare la disponibilità di un buon gas caldo allo scambiatore di recupero.
Valvole sul condensatore doppio sono importanti per minimizzare la richiesta di refrigerante in inverno.
Valvole a 3-Vie con valvola di non ritorno Integrata sono importanti per minimizzare i costi di installazione.

VALVOLA 3 VIE PER SBRINAMENTO A GAS CALDO



Le valvole per sbrinamento a gas caldo sono utilizzate in sistemi nei quali uno o più compressori alimentano diversi espositori refrigerati sia a media che a bassa temperatura. Le valvole a 3-vie sono usate per controllare il flusso di gas dal collettore di mandata ai vari espositori refrigerati (sbrinamento)
o gas in aspirazione dagli espositori refrigerati al collettore di aspirazione (refrigerazione). La direzione
del flusso dipende dal fatto che la bobina della valvola pilota sia eccitata o diseccitata. Queste valvole a 3-Vie sono usate solamente per sbrinamento a gas caldo.
Quando la bobina è diseccitata la valvola permette il passaggio del refrigerante nella normale direzione di refrigerazione. Quando la bobina è eccitata il pistone e la sua sede di alloggiamento della valvola, commutano, chiudono la porta in ingresso dell’aspirazione ed aprono la porta del gas di mandata permettendo al gas caldo di passare dal collettore di mandata, attraverso la valvola, all’uscita
dell’evaporatore. Dato che, quando la valvola è diseccitata resta chiusa la porta del gas caldo, questa può essere montata solamente ad un collettore di mandata e non sulla linea principale della mandata stessa.
Le valvole 10G79B, 10G711B e 10G711C possono essere installate in posizione verticale od orizzontale. In ogni caso non possono essere montate con la bobina al di sotto del corpo valvola. La valvola può essere saldata in opera senza essere smontata ma il corpo valvola deve essere mantenuto freddo per evitare di danneggiare il materiale sintetico Nylatron della sede. Il corpo valvola e gli attacchi dovrebbero essere avvolti con uno straccio umido. Le valvole possono essere facilmente smontabili senza dissaldare gli attacchi.



CONTROLLO DELLA PRESSIONE DI MANDATA





Alta e Bassa Stabilità Ambientale

La progettazione di impianti di condizionamento che utilizzano condensatori ad aria deve considerare due principali problemi - che devono essere risolti se si vuole che l’impianto operi economicamente e
con affidabilità.....il funzionamento con Alto e Basso carico ambientale.
Se l’unità di condensazione è adeguatamente dimensionata, essa lavorerà soddisfacentemente durante condizioni di temperatura ambiente estremamente alte. Tuttavia, per buona parte dell’anno svariate
unità sono chiamate ad operare a temperature ambiente al di sotto della temperatura di bulbo secco di progetto; la soluzione del funzionamento con basse temperature ambiente è molto più complessa.
Senza un buon controllo della pressione di mandata durante il funzionamento con bassa temperatura ambiente, il sistema può andare incontro a problemi di frequenti cicli di marcia e/o frequenti cicli di
arresto. Dato che la pressione differenziale, tra entrata e uscita della valvola ad espansione termostatica, influenza la quantità di flusso del refrigerante, una bassa pressione di mandata generalmente causa
una insufficiente flusso di refrigerante all’evaporatore. La mancanza di una sufficiente pressione di mandata causa una bassa pressione di aspirazione e quindi ghiaccio nelle serpentine dell’evaporatore.
Il problema primario nei cicli di arresto è la migrazione del refrigerante al condensatore. L’insufficiente flusso di refrigerante attraverso la TEV determinerà una bassa pressione di aspirazione. Un metodo tipico per mantenere costante la pressione di mandata in un impianto di refrigerazione durante i periodi di bassa temperatura ambiente, è quello di limitare il flusso liquido di refrigerante dal condensatore al ricevitore e, nello stesso tempo deviare il gas caldo all’ingresso del ricevitore. Ciò fa tornare il liquido refrigerante fino
al condensatore riducendone a sua capacità quindi, di conseguenza, aumenta la pressione di condensazione. Allo stesso tempo il gas caldo aumenta la pressione del liquido nel ricevitore, permettendo al sistema
di ritornare alle normali condizioni oprative. Per i sistemi che usano condensatori raffreddati ad aria, Sporlan può offrire diverse opzioni di valvole per il controllo della pressione di mandata; il modello non regolabile OROA-5, il modello regolabile con combinazioni di ORI/ORD, o la versione economica della serie LAC.

VALVOLA DI REGOLAZIONE PRESSIONE EVAPORAZIONE



Modelli (S)ORIT-12,-15 e -20

 Pilota in mandata per un migliore controllo della temperatura e minima caduta di pressione

 Regolabile

 Valvola a solenoide opzionale per la funzione di chiusura durante lo sbrinamento

L’esecuzione normalmente aperta permette una evacuazione del sistema senza l’intervento manuale

Queste valvole EPR sono pilotate usando l’alta pressione di mandata quindi hanno un attacco per alimentare il pilota dalla mandata del compressore. Esse sono costruite come valvole “normalmente aperte” consentendo un funzionamento pressoché senza caduta di pressione. Questo modello servo comandato non richiede, per il suo funzionamento, della necessaria variazione della pressione all’evaporatore che è invece necessaria nelle valvole a comando diretto; esse possono quindi essere dimensionate usando semplicemente
la temperatura di progetto dell’evaporatore e la disponibile perdita di carico attraverso la valvola alle condizioni di massimo carico termico.



Modelli (S)ORIT-PI-2, -3, -4 e -5

 Pilotata Internamente (non necessaria la connessione con l’alta pressione)

 Superiore resistenza alla corrosione

 Valvola a solenoide opzionale per la funzione di chiusura durante lo sbrinamento

 Opzione di apertura elettrica per funzionamento a due temperature

 Comando manuale di serie per evacuazione del sistema

Queste valvole EPR sono pilotate internamente ed usano la naturale caduta di pressione sulla valvola stessa per funzionare eliminando quindi la connessione sulla mandata. Come per le valvole (S)ORIT anche questo modello, internamente pilotato non richiede, per il suo funzionamento, della necessaria variazione della pressione all’evaporatore che è invece necessaria nelle valvole a comando diretto; esse possono quindi essere dimensionate usando semplicemente la temperatura di progetto dell’evaporatore e la disponibile
perdita di carico attraverso la valvola alle condizioni di massimo carico termico.

Questi sono solo alcuni dei tanti prodotti Sporlan Parker che a mio avviso sono un ottima alternativa a Danfoss. Ne uso personalmente moltissimi e sono decisamente a prezzi migliori e di indiscussa affidabilità.



sabato, dicembre 28

L'INVERTER MITO O REALTA'


L’argomento è sicuramente interessante e presenta aspetti più complessi di quanto può sembrare ad
un primo approccio. Tre temi specifici aiutano ad approfondirlo adeguatamente. Il primo riguarda
l’applicazione dell’inverter nei compressori volumetrici, il secondo nei turbocompressori (centrifughi), mentre l’ultimo propone un confronto tra l’utilizzo dell’inverter nell’espansione diretta e nei gruppi frigoriferi.
É davvero conveniente l’uso dell’inverter nei gruppi frigoriferi? La logica direbbe di si, visto come viene pubblicizzato da chi lo usa. Sembra la panacea per tutti i mali del condizionamento
dell’aria e della refrigerazione, la soluzione ottimale che permette di avere alta efficienza energetica e regolazione pressoché perfetta in ogni condizione, anche con contenuti d’acqua dell’impianto molto contenuti. (Piccolo volano termico)
In parte ciò è vero, anche se la realtà appare molto più complessa e riserva sorprese, non sempre piacevoli.
Per prima cosa, bisogna capire chi lo usa. Nel condizionamento dell’aria l’inverter viene attualmente utilizzato:
- nei gruppi frigoriferi con turbocompressore centrifugo;
- nelle macchine ad espansione diretta (split-system e Vrf ) con compressori volumetrici, rotativi o scroll.
Tra compressori centrifughi e compressori volumetrici c’è una differenza abissale nel comportamento perché lavorano secondo principi diversi.


DIFFERENZE TRA COMPRESSORI VOLUMETRICI E TURBOCOMPRESSORI CENTRIFUGHI

I compressori scroll, vite e rotativi a palette, sono macchine volumetriche, mentre i compressori centrifughi sono turbomacchine. Il principio di funzionamento è totalmente diverso.
Nei compressori volumetrici la pressione aumenta perché si riduce il volume della camera di compressione tra ingresso ed uscita del refrigerante.
Nei turbocompressori non vi è riduzione del volume della camera di compressione, ma una variazione dinamica della direzione e della velocità del flusso di refrigerante. In particolare, la variazione di pressione avviene perché varia il momento della quantità di moto del refrigerante, come sarà meglio descritto nel secondo articolo dedicato ai compressori centrifughi.
Una prima sostanziale differenza nel comportamento è data dalla variazione del salto di pressione (o prevalenza) al variare del numerodi giri.
Mentre nei compressori volumetrici il salto di pressione ottenibile è sostanzialmente indipendente dalla velocità di rotazione, nelle turbomacchine il salto di pressione si riduce con il quadrato del numero di giri. Di conseguenza, mentre nei compressori volumetrici il numero dei giri può essere ridotto a prescindere dal salto di pressione richiesto, nei turbocompressori la riduzione è possibile solamente se vi è una contemporanea riduzione del salto di pressione.
Questo rappresenta un limite sostanziale che verrà approfondito nel secondo articolo della serie.
La portata di refrigerante, invece, varia linearmente con il numero di giri per entrambe le tipologie di compressore.



COMPRESSORI VOLUMETRICI:
CONSEGUENZE DELLA VARIAZIONE DI GIRI

Detta così parrebbe estremamente vantaggioso l’uso dell’inverter nei compressori volumetrici, proprio per le loro caratteristiche di funzionamento. Poter ridurre a piacimento il numero dei giri,
quindi la portata di refrigerante, qualsiasi sia il salto di pressione richiesto, consente una regolazione della potenza estremamente precisa. Il rendimento di regolazione è molto elevato, perché la riduzione di portata volumetrica comporta una diminuzione della pressione di condensazione, un aumento della pressione di evaporazione (cfr. fig. 1), quindi ad un valore di Eer superiore.



Ciò sarebbe completamente vero solo se la variazione del numero di giri non influenzasse il rendimento del compressore. In realtà, il rendimento dei compressori volumetrici è molto influenzato dalla variazione del numero di giri.In particolare:
- all’aumentare del numero di giri, aumenta la portata di refrigerante, per cui aumentano le perdite dovute al passaggio del refrigerante stesso negli orifizi di aspirazione e di scarico. Aumentano
anche gli attriti dovuti alla maggiore velocità di rotazione.
- Al diminuire del numero di giri, diminuiscono le perdite per il passaggio del refrigerante e per attrito.
Tuttavia peggiora la tenuta tra aspirazione e mandata, che nelle macchine volumetriche è sempre legata, anche se in modi diversi,alla velocità di rotazione.

Aumentano, quindi, le perdite per trafilamento tra mandata, a pressione maggiore, e aspirazione, a pressione minore. Questo aumento delle perdite fa peggiorare il rendimento al ridursi del numero
di giri, in modo drastico per velocità ridotte. In ogni caso non si può far funzionare un compressore a meno di 30 Hz per ragioni legate sia alla tenuta che alla lubrificazione.
E’ allora interessante calcolare come si modifichi il rendimento di un compressore volumetrico al variare sia della temperatura di condensazione che della frequenza della corrente di alimentazione
(quindi del numero di giri: la velocità di rotazione varia linearmentecon la frequenza).
Ai fini dell’analisi è stato scelto un compressore scroll con R410A di un costruttore giapponese, studiato per essere utilizzato con inverter.
Risultati simili si ottengono anche con compressori volumetrici diversi, come, ad esempio, i compressori a vite.
Il rendimento del compressore è ricavato come rapporto tra il Eer misurato e il Eer che si avrebbe nelle stesse condizioni con R410A e un compressore ideale con rendimento isoentropico pari a 1 utilizzante lo stesso refrigerante:


ηCOM =     Eer
               EerTH

dove:
ηCOM Rendimento del compressore.
Eer = Eer del compressore con R410A misurato in sala collaudo.
EerTH = Eer di un compressore ideale con R410A.
I risultati sono mostrati in figura 2 dove si nota chiaramente come il rendimento diminuisca fortemente al diminuire del numero di giri.



Ancora più interessante è valutare come vari il rendimento in funzione del rapporto di compressione, inteso come rapporto tra la pressione assoluta di mandata e la pressione assoluta di aspirazione.
Più alto è il salto di pressione richiesto, più alto è anche il rapporto di compressione.
La figura 3 mostra i risultati ottenuti. In qualunque condizione il rendimento è massimo a 60 Hz. Il punto di massimo si ottiene per un rapporto di compressione compreso tra 3 e 3,5.
Il rendimento diminuisce sia all’aumentare che al diminuire della frequenza.
Le curve a 90 Hz e a 50 Hz sono quasi sovrapposte. La riduzione
diventa consistente per frequenze al di sotto di 50 Hz.
Dalla figura 3 si può calcolare il rendimento per la variazione del numero di giri, secondo la

ηVG =      ηX
             η60Hz

dove:
ηVG Rendimento al variare del numero di giri.
ηX Rendimento nelle stesse condizioni alla frequenza X.
η60Hz Rendimento nelle stesse condizioni alla frequenza 60 Hz.
I risultati sono riportati nella figura 4.




Come si vede, la riduzione è tanto più marcata quanto maggiore è il rapporto di compressione e quanto più bassa è la frequenza. Fino a 50 Hz il rendimento si mantiene superiore al 90% in tutte le condizioni, ma al di sotto di tale valore la situazione peggiora. A 30 Hz il rendimento varia dal 75% con bassi rapporti di compressione, per scendere quasi al 50% per rapporti di compressione pari a 6,5. Di conseguenza, la parzializzazione tramite inverter ha un rendimento sufficientemente elevato fino a che si regola tra 90 Hz e 45 - 40 Hz, ma peggiora nettamente per frequenze inferiori. Tanto per dare dei punti di raffronto, un compressore a vite con cassetto ha un rendimento in parzializzazione pari a 0,92 al 75% della portata di refrigerante di e dello 0,8 al 50% della portata di refrigerante. Questi valori sono abbastanza simili a quelli ottenibili con l’inverter fino a circa 40 Hz, ma diventano nettamente inferiori per frequenze minori.
I risultati della figura 4 sono molto importanti, perché fanno intuire che l’inverter può portare a buoni risultati nel caso di gruppi frigoriferi funzionanti in solo freddo (rapporto di compressione inferiore a 4), mentre più dubbia è la loro applicazione nelle pompe di calore in regime invernale (rapporto di compressione prossimo a 6).

APPLICAZIONE NEI GRUPPI FRIGORIFERI
Per prima cosa bisogna verificare quale sia la variazione di resa del compressore e quindi del gruppo frigorifero al variare del numero di giri.
Al ridursi della velocità di rotazione, diminuisce la temperatura di condensazione e aumenta leggermente la temperatura di evaporazione.
Di conseguenza la potenza fornita dal compressore diminuisce in modo minore rispetto alla riduzione di velocità.
La figura 5 sintetizza questo concetto. In funzione della temperatura dell’aria esterna, la riduzione della frequenza deve sempre essere superiore alla riduzione di potenza richiesta. Ad esempio, a 35°C, se il 100% di potenza viene fornito a 90 Hz, il 60% della potenza si ottiene a 48 Hz, anziché a 54 Hz come sarebbe se la riduzione fosse assolutamente lineare.
A 20°C dell’aria esterna il 100% di potenza si ottiene a 73 Hz (quindi con una riduzione del 19% dei giri), mentre per ottenere il 60% della potenza la frequenza deve scendere a 43 Hz. Di conseguenza la riduzione di potenza avviene ad alta efficienza (ovvero con alimentazione
superiore a 45 Hz) solamente per percentuali superiori al 54% e al 63% della potenza, a seconda della temperatura dell’aria.
Per potenze inferiori il rendimento di parzializzazione scende drasticamente, rendendo poco conveniente l’utilizzo dell’inverter. In ogni caso non è possibile parzializzare oltre il 38% in qualunque condizione. Oltre questa soglia il compressore deve lavorare Onoff.

GRUPPI FRIGORIFERI MONOCOMPRESSORE

Nel caso di piccoli gruppi frigoriferi monocompressore l’uso dell’inverter permette una efficace regolazione della temperatura in uscita, altrimenti impossibile con la regolazione on-off. Per questo
motivo ha senso sfruttare il più possibile la riduzione di potenza frigorifera (riduzione fino a 30 Hz) anche a costo di penalizzare il rendimento in parzializzazione.
Dal punto di vista dell’efficienza energetica, il vantaggio dell’uso dell’inverter varia di molto a seconda del contenuto d’acqua dell’impianto.
L’importanza del contenuto d’acqua è sottolineata nel testo [1] citato in bibliografia, cui si rimanda per eventuale approfondimento. La figura 6 mostra l’andamento del Eer del gruppo frigorifero nei
due casi in esame, per impianti con elevato contenuto d’acqua (10 litri per ogni kW di potenza frigorifera) ed impianti con scarso contenuto d’acqua (2,5 litri per ogni kW frigorifero). Le curve sono realizzate secondo il metodo usato per calcolare l’indice energetico stagionale europeo Eseer che prevedono 35°C di temperatura dell’aria esterna al 100% del carico, 30°C al 75%, 25°C al 50% e 20°C al 25%.
Nel caso di elevato contenuto d’acqua, l’efficienza del gruppo frigorifero con inverter si mantiene superiore fino a circa il 45% del carico frigorifero. Al 75% della potenza si ha un miglioramento pari
al 15% di Eer, mentre al 50% della potenza si ha un miglioramento di Eer del 5%. Solo al 25% della potenza l’Eer peggiora di circa il 15%.
Nel caso di contenuto d’acqua scarso l’efficienza del gruppo frigorifero con inverter si mantiene sempre superiore. Tra il 75% e il 50% della potenza, l’aumento di Eer dovuto all’inverter si attesta tra il 30% ed il 25%.
Di conseguenza per piccoli gruppi frigoriferi l’uso dell’inverter sembra essere sempre conveniente.





GRUPPI FRIGORIFERI A PIÙ COMPRESSORI
I gruppi frigoriferi con più compressori si comportano in modo diverso a secondo del tipo di compressore adottato.
I gruppi frigoriferi con compressori scroll montati gemellati (due o più su ogni singolo circuito) sono i più efficienti in assoluto, come chiaramente esposto nel testo [1] citato in bibliografia. Per macchine di questo tipo non è assolutamente conveniente utilizzare l’inverter in tutti i compressori, perché aumenterebbe il loro costo e diminuirebbe l’efficienza totale, a causa del basso rendimento in parzializzazione al variare del numero di giri. Molto meglio utilizzare un unico compressore con inverter per ogni singolo circuito, mettendolo in parallelo con altri privi d’inverter.
Questo compressore non deve mai lavorare al di sotto della frequenza di 45 Hz per limitare al massimo l’inefficienza del sistema.
La regolazione deve avvenire riducendo prima il numero di giri del compressore con inverter, fino a 45 Hz. Al di sotto di questa soglia, i disattiva uno degli altri compressori del circuito, mentre il compressore con inverter torna a funzionare alla frequenza richiestadal carico frigorifero.
Se l’impianto ha un elevato contenuto d’acqua (10 litri per ogni kW di potenza frigorifera), l’efficienza stagionale Eseer di un gruppo frigorifero così regolato non è molto superiore a quella di un altro gruppo con lo stesso numero di compressori regolati On-off. Viceversa, se il contenuto d’acqua è basso, il vantaggio energetico si fa rilevante, come spiegato nel testo [1] citato in bibliografia. In ogni caso, la regolazione della temperatura dell’acqua in uscita è migliore con l’utilizzo dell’inverter.
Con i compressori a vite l’utilizzo dell’inverter permette un miglioramento dell’efficienza solamente se si limita la riduzione della frequenza a 45 Hz.
Anche in questo caso i vantaggi si hanno in particolare modo negli impianti con scarso contenuto d’acqua, come meglio descritto nel testo [1] citato in bibliografia.

APPLICAZIONI NELLE POMPE DI CALORE

L’uso dell’inverter nelle pompe di calore in regime invernale sembra meno conveniente rispetto al solo funzionamento estivo. Vi sono due fattori che incidono negativamente:
- nel funzionamento invernale le pompe di calore lavorano con un elevato rapporto di compressione, a causa dell’elevata temperatura di condensazione. In queste condizioni il rendimento del compressore si abbassa drasticamente al ridursi del numero di giri,
come mostrato nella figura 4.
- Nel funzionamento invernale delle pompe di calore, la potenza assorbita dal compressore contribuisce all’effetto utile. Infatti si sfrutta il calore ceduto nel condensatore, che è pari al calore sottratto all’aria dall’evaporatore più la potenza elettrica assorbita dalcompressore. Pertanto, a parità di calore sottratto all’aria, più basso è il rendimento del compressore, maggiore è l’effetto utile, così
come mostrato nella figura 7: il peggioramento del rendimento fa aumentare l’effetto utile del tratto 2a - 2. Si ha una sorta di “reazione a catena”: più il rendimento del compressore peggiora, più aumenta la potenza ceduta dal condensatore, più bisogna abbassare il numero di giri per adeguarsi alla potenza richiesta, peggiorando ulteriormente il rendimento.
Nel funzionamento invernale le pompe di calore richiedono una maggiore parzializzazione rispetto ai gruppi frigoriferi, soprattutto alle temperature più elevate dell’aria esterna. Ciò soprattutto perché
si alza la temperatura di evaporazione che contribuisce molto alla resa del compressore. La figura 8 mostra quanto debba variare la frequenza di alimentazione del compressore per adeguarsi al carico
richiesto, in funzione della temperatura dell’aria esterna. Se la pompa di calore è dimensionata per fornire il 100% di potenza a 90 Hz con una temperatura dell’aria esterna di -5°C, alla stessa
temperatura dell’aria la regolazione può avvenire in modo sufficientemente efficiente (45 Hz) solamente fino a 58% della potenza.



Quando la temperatura dell’aria aumenta a 5°C il 100% di potenza si ottiene con una frequenza di 66 Hz, quindi con un rendimento elevato. A questa temperatura, però, la regolazione può essere
effettuata solamente fino al 72% della potenza, se non si vuole abbattere il rendimento.
Peggio ancora quando la temperatura si alza fino a 15°C: la potenza del 100% si ottiene con una frequenza di 51 Hz e la regolazione deve essere limitata al 92%.
Per questi motivi, l’utilizzo dell’inverter nelle pompe di calore in regime invernale sembra dare risultati energetici molto meno interessanti rispetto ai gruppi frigoriferi funzionanti in solo freddo.


POMPE DI CALORE MONOCOMPRESSORE

Nel caso di pompe di calore di piccola potenza monocompressore, l’utilizzo dell’inverter può facilitare la regolazione della temperatura d’uscita dell’acqua. Un altro vantaggio è quello di parzializzare la portata di refrigerante, riducendo la formazione di brina sulla batteria evaporante [2].
Tuttavia, malgrado questi vantaggi, dal punto di vista energetico l’uso dell’inverter porta ad un peggioramento del Cop a quasi tutte le condizioni di funzionamento, così come mostrato in figura 9.
Come si vede, solamente con temperatura dell’aria molto bassa (-5°C) e potenza richiesta tra il 90% e il 75%, l’inverter permette dei minimi vantaggi. In tutti gli altri casi le macchine senza inverter sono più efficienti.
Bisogna fare alcune considerazioni:
- quanto detto vale per i sistemi idronici: per l’espansione diretta le condizioni al contorno sono diverse, come meglio spiegato nel terzo articolo della serie.
- Perdite inferiori si hanno se si produce acqua a temperatura inferiore a 45°C perché si riduce il rapporto di compressione.
- La figura 9 è valida per impianti ad alto contenuto d’acqua. In impianti a basso contenuto d’acqua vi può essere un ribaltamento a favore dell’inverter.
Tuttavia, a parere dell’autore, progettare impianti con pompe di calore e basso contenuto d’acqua è cosa da evitare assolutamente, perché dissennata.

POMPE DI CALORE A PIÙ COMPRESSORI

Alla luce di quanto sopra riportato, non sembra utile applicare l’inverter a pompe di calore con compressore scroll gemellati (più compressori in un unico circuito) perché non può portare ad alcun
miglioramento del Cop.
Forse l’utilizzo di un sistema come quello descritto in precedenza per i gruppi frigoriferi in solo freddo può permettere una regolazione più fine della temperatura di produzione dell’acqua, senza
però migliorare l’efficienza energetica. Tuttavia l’applicazione va comunque studiata a fondo, anche attraverso prove sperimentali sul campo.
L’autore non ha mai amato le pompe di calore con i compressori a vite, perché ritenuti poco adatti a questo utilizzo [2].
Al di là di queste considerazioni personali, dall’analisi precedente non sembra che l’utilizzo dell’inverter in questi compressori possa portare a benefici a livello energetico: anzi, è probabile il contrario.
Anche in questo caso, però, ben vengano le applicazioni sperimentali, le uniche effettivamente in grado di chiarire completamente ogni dubbio sulle reali prestazioni dei compressori.


COMPRESSORI SCROLL: SISTEMI DI PARZIALIZZAZIONE ALTERNATIVI ALL’INVERTER

Non tutti i produttori di compressori scroll puntano sull’inverter come sistema di parzializzazione ad alta efficienza. In particolare la Copeland propone un compressore diverso, chiamato Digital.
Grazie ad un sistema basato su una valvola a solenoide esterna al compressore, il sistema permette di effettuare dei cicli di funzionamento on-off del compressore molto ravvicinati tra loro [3]. In
pratica il motore del compressore non viene mai fermato, ma la disattivazione del compressore avviene scostando di circa 1 mm in verticale le due spirali.
Quando ciò avviene la spirale collegata al motore gira a vuoto senza comprimere il refrigerante.
In pratica il compressore lavora con cicli on-off molto ravvicinati. Secondo il documento [3] il ciclo totale dura 20 secondi: al 75% del carico per 15 secondi il compressore è on e per 5 Off. Al 50% del carico la divisione è 10 secondi On e 10 secondi Off, mentre al 25%
del carico la divisione è 5 secondi On e 25 secondi Off. Quando il compressore è On le prestazioni sono simili al pieno carico.
Non si hanno dati ufficiali del funzionamento del Digital Scroll in parzializzazione.
Tuttavia si possono fare delle considerazioni interessanti già con questi pochi dati a disposizione.
Il sistema sembra efficiente: le uniche perdite sono date dall’energia spesa comunque per far girare il rotore. Tuttavia, nelle fasi di scostamento delle spirali non vi è lavoro di compressione, per cui il
consumo è molto limitato. Si può pensare ad una perdita massima del 5% -7% del valore minimo di parzializzazione, pari al 10% del carico.
I dubbi maggiori sono invece legati all’effettiva riduzione della pressione di condensazione in parzializzazione. Nei compressori con inverter la riduzione avviene sicuramente, perché diminuisce
la portata volumetrica.
Nel sistemi con il Digital Scroll, invece, la variazione di portata volumetrica si ha nell’arco dei 20 secondi di funzionamento, nel senso che per x secondi la portata è massima e per 20 – x secondi è nulla.
Sicuramente vi è un abbassamento della pressione di condensazione anche nei sistemi con Digital scroll perché nei 20 – x secondi in cui la portata del refrigerante è nulla la pressione tende a portarsi a quella corrispondente alla temperatura dell’aria esterna.
Per sintetizzare, appare probabile che la riduzione si pressione ci sia, ma sia inferiore a quella ottenibile con l’inverter, tanto più quanto minore è la parzializzazione (al 75% del carico la temperatura di condensazione con inverter è nettamente inferiore a quella con Digital, mentre al 25% del carico sono quasi equivalenti).
Pertanto, rispetto ad un compressore con inverter, il Digital scroll dovrebbe risultare più conveniente per le basse percentuali dei carico (circa dal 50% in giù), specialmente se il rapporto di compressione è elevato, come nel caso delle pompe di calore.


L’utilizzo dell’inverter nei gruppi frigoriferi è sicuramente una strada da seguire, specialmente nel caso di macchine di piccola potenza con un unico compressore. I vantaggi sono legati ad un migliore controllo della temperatura e ad una maggiore efficienza energetica sopratutto in impianti con basso contenuto d’acqua.
Nelle pompe di calore in regime invernale l’inverter porta ad un peggioramento delle prestazioni energetiche, a causa della diminuzione del rendimento del compressore ad alti rapporti di compressione e bassi numero di giri.
In questa particolare condizione sembra migliore il sistema di parzializzazione alternativa con separazione ciclica delle spirali dello scroll, utilizzata nel Digital scroll anche se oggi con i nuovi scroll ad iniezione sembra che ci siano stati dei passi in avanti.

BIBLIOGRAFIA
 “How does the Copeland Digital Scroll work?”, didattiche Copeland
all’indirizzo web http://www.emersonclimate.com/mea/
jsp/edu_dig_works.jsp.



sabato, ottobre 12

Celle di germinazione


Fotoperiodismo




Per coltivare delle piante è necessario innanzitutto conoscere i meccanismi che regolano il loro sviluppo. Il ciclo vitale delle piante annuali in natura è regolato dal variare del rapporto tra ore di luce e di buio. Questa variazione va riprodotta anche all'interno della cella.
In natura, per le piante fotoperiodiche la crescita (fase vegetativa) inizia in primavera (fine marzo) e si arresta quando le giornate iniziano ad accorciarsi sensibilmente (fine luglio). In questo momento incomincia la riproduzione (fase floreale), che termina con la senescenza e la morte della pianta ai primi freddi (fine ottobre).
Utilizzando le celle è possibile, usando un timer, stabilire le ore di luce e di buio da somministrare ai vegetali; quindi sfruttando il fotoperiodiodismo si può rendere la coltivazione un gioco in cui scegliere quando e cosa fare fiorire, diagnosticare il sesso della pianta per poi selezionare le madri delle talee.
Nella coltivazione in cella le piante devono essere sottoposte ad un flusso di luce continua di almeno 18 ore durante la fase di crescita, mentre nella fase di maturazione o fioritura le ore di luce scendono a 12. Durante la fase vegetativa è possibile accelerare lo sviluppo fornendo alla pianta 24 ore di luce continua. Questo richiede alcune attenzioni in più. Infatti è necessario aumentare di conseguenza concime e acqua. In ogni caso per una ragione di consumi e di durata delle lampade la soluzione a 24 ore di luce è praticabile senza problemi con lampade a fluorescenza, mentre è fortemente sconsigliata con lampade a scarica nei gas.
Indurre la maturazione sarà altrettanto facile. Basterà infatti diminuire le ore di luce a 12. La pianta per essere messa a fioritura deve avere un altezza adeguata che le permetta di sfruttare la profondità fornita dalla lampada scelta. Solitamente un'altezza compresa tra i 20 e 40 cm permette di completare la maturazione della pianta sfruttando per intero le potenzialità dei bulbi. Nel periodo di fioritura il processo di crescita rallenta fino a fermarsi. E' consigliato inoltre avere piante che non superino il metro di altezza. Se si coltiva una piante che crescono molto in altezza è opportuno contenerne lo sviluppo con potature o vincolando fisicamente la pianta. Per potare correttamente le piante e necessarioo tagliare i germogli apicali favorendo così la crescita dei rami più bassi, questo fa assumere alla pianta una forma più cespugliosa.
Infine è necessario fare molta attenzione che non si verifichino delle infiltrazioni di luce all' interno dell' ambiente durante la fase di buio, altrimenti la pianta potrebbe risentirne, diventando così ermafrodita.

Germinazione, vegetativa e maturazione.

La germinazione

Il primo passo per iniziare la coltivazione è seminare. Questa operazione deve essere condotta con molta cura vista la delicatezza dei germogli durante i primi giorni di sviluppo. Per favorire la germinazione e necessario creare un ambiente tiepido e umido.
. Quando emerge il germoglio togliamo la pellicola e poniamo la piantina alla luce di una lampada a fluorescenza posizionata a 5-10 cm dal germoglio.
Usando contenitori di torba (riempiti con un mix di terriccio + argilla espansa) è possibile avere un terreno ben areato e facilitare la successiva l' operazione di trapianto.
Il processo di germinazione è possibile effettuarlo all'interno di apposite serre riscaldate particolarmente indicate per questo scopo.

La crescita vegetativa

Dopo la germinazione, le piante vanno poste sotto la luce generata da una lampada a fluorescenza (neon) con uno spettro adatto alla fase vegetativa, quindi ricco di toni bianchi.
La luce di colore blu emanata da questo tipo di lampade, favorisce la crescita e lo sviluppo della pianta che diventerà abbondante e compatta. Le piante devono essere sottoposte ad una luce continuata per almeno 18 ore, ma alcuni sostengono che il periodo possa anche durare 24h, accellerando cosi i tempi di crescita.
Quando le piantine raggiungono un altezza adeguata si potrà scegliere il sistema di luci tra quelli a: fluorescenza compatta, MH (ioduri metallici), HPS a spettro ampio (Agro, Grolux) o comninare diverse tipologie di lampade per aumentare ulteriormente lo spettro.
E' inoltre consigliato di uniformare le altezze di crescita con la potatura o la piegatura delle piante più alte, favorendo così un illuminazione ben distribuita su tutte le cime; in alternativa è anche possibile spostare sui lati dell' ambiente le piante più alte che verranno girate periodicamente.
Tutte le operazioni si devono effettuare solo quando l' impianto ha le luci accese, evitando così infiltrazioni durante la fase di simulazione della notte.



Illuminazione
Lampade a fluorescenza, agli ioduri metallici (MH) e al sodio ad alta pressione (HPS)



Per le caratteristiche del loro spettro luminoso e per l'alta intensità di luce emessa, le lampade più popolari tra i coltivatori che utilizzano la luce artificiale sono quelle ai vapori di sodio (HPS) , quelle agli ioduri metallici (MH) o le lampade a fluorescenza.



Le lampade ai Vapori di Sodio (HPS) sono ricche di toni rosso ed arancione e hanno uno spettro luminoso paragonabile a quella del sole in estate: questi colori favoriscono la crescita e la produzione dei fiori. Le lampade HPS standard mancano della parte blu dello spettro luminoso. Per ovviare a questo problema da alcuni anni esistono in commercio dei bulbi HPS a spettro ampio (Philips Agro, Sylvania Grolux…) appositamente realizzati per l’utilizzo in serra. In alternativa possono essere utilizzate in combinazione con le lampade agli ioduri metallici (MH) oppure con quelle fluorescenti. Le lampade HPS a spettro ampio sono un tipo speciale di lampada al sodio che grazie alla capacità di emettere anche toni di luce blu danno la possibilità di impiegare un solo tipo di lampada per tutto il ciclo di vita della pianta, sia per la crescita vegetativa che per la fioritura.



Le lampade agli Ioduri Metallici (MH) hanno uno spettro luminoso con una concentrazione più alta di raggi blu e violetti rispetto alle lampade HPS, pertanto sono indicate per la fase di crescita vegetativa e soprattutto per il mantenimento delle piante madri e delle talee. Anche in questo caso esistono dei prodotti specifici per l’utilizzo in serra, più prestazionali rispetto ai bulbi MH standard.



Le lampade a fluorescenza hanno una resa minore rispetto ai bulbi agli ioduri metallici ma possono essere una valida alternativa nella fase germinativa e vegetativa visto il loro basso costo d'acquisto e gestione. Inoltre hanno il grosso vantaggio di produrre molto meno calore e sono quindi l’ideale per ovviare parzialmente ai problemi di gestione della temperatura. Non solo, la loro evoluzione ha portato ad avere sul mercato delle lampade a fluorescenza compatte (Energy Saving Lamps) che aumentano la prestazione mantenendo contenuti temperature e consumi.

La scelta della lampada

Nella scelta delle lampade per la propria coltivazione è necessario tenere sempre in considerazione le caratteristiche tecniche del prodotto. In particolare le lampade a scarica nei gas (HPS ed MH), in considerazione del fatto che vanno tenute ad una distanza di almeno 25 – 30 cm dalle parti apicali delle piante, hanno una profondità di illuminamento utile di circa 60 cm. Per questo motivo diventa molto importante scegliere delle piante di dimensioni ridotte per poter sfruttare al meglio le potenzialità delle lampade. In generale è anche consigliabile ridurre al minimo la fase vegetativa (quella di accrescimento della pianta) in favore invece di un allungamento della maturazione (fase in cui la pianta rallenta la crescita per dedicarsi alla produzione dei frutti).
Le lampade a fluorescenza invece hanno molta meno profondità di illuminamento utile, ma possono essere tenute a pochi centimetri di distanza dalle piante. Inoltre possono essere tranquillamente utilizzate per cicli di 24 ore su 24 di luce senza timori di danneggiamento della lampada e contenendo comunque i consumi. Quest’elemento può tornare molto utile per ridurre i tempi del ciclo vegetativo. E’ importante ricordarsi sempre che più è breve è il ciclo meno probabilità ci sono che si sviluppino malattie.

Considerazioni generali sulle lampade a scarica di gas

Le lampade che basano il loro funzionamento sul fenomeno fisico della scarica dei gas impiegate nelle coltivazioni indoor sono:
• agli alogenuri con tipica luce bianca (MH);
• al sodio ad alta pressione con buona efficienza luminosa e buona resa cromatica (HPS);

La pressione nelle lampade ad alta pressione oscilla fra 10.000 e 10.000.000 di Pa. Le lampade a scarica in gas, di norma, sono costituite dall’attacco, il tubo di scarica, l’ampolla o il tubo di vetro chiaro che contiene il gas (lampade a scarica di gas) o tubo rico-perto all'interno da uno strato di polveri fluorescenti (lampade fluorescenti) e infine due elettrodi, anodo e catodo, fra i quali si innesca la scarica del gas (esperienza di Towsend).

L’innesco per la scarica si verifica solo quando la tensione applicata è pari alla tensione di scarica in modo da perforare il dielettrico fra il catodo e l’anodo. Una volta avviata la scarica elettrica viene emessa la luce ad opera della colonna di gas interessata dalla scarica (alcuni elettroni danno luogo alla “valanga” ed almeno un elettrone di ogni valanga, a sua volta ne provoca un’altra; gli elettroni eccitati quando ricadono al livello energetico inferiore danno luogo all’emissione di fotoni).

Nel caso delle lampade fluorescenti c'è una prima emissione invisibile (ultravioletto) ad opera dei va-pori di mercurio a bassissima pressione, poi i raggi ultravioletti vengono trasformati in radiazione visibile dal rivestimento interno del tubo (fosfori).

Ad evitare che la corrente assorbita assuma valori elevati e pericolosi, si introduce nel circuito elettrico un reattore che limita tale corrente.
La corrente elettrica assorbita dalla lampada a scarica di gas presenta un angolo di sfasamento con la tensione nominale, tale problema non sussiste nelle lampade ad incandescenza dove la corrente e la tensione sono in fase, ciò è dovuto al carico resistivo della lampada ad incandescenza.
Questo genere di lampade viene utilizzato nella coltivazione indoor poiché emettono pacchetti di spettro continuo, a differenza delle lampade a bassa pressione che emettono righe monocromatiche.

I dati tecnici principali delle lampade riportate sui cataloghi, di norma, sono:
- tensione di alimentazione (V - volt)
- flusso luminoso (lm - lumen)
- efficienza luminosa (lm/W - lumen per watt)
- luminanza media (cd/cm2 – candele per centimetri quadrati )
- temperatura di colore (°K – gradi kelvin)
- indice di resa dei colori
- posizione di funzionamento
- condensatore di rifasamento a 50 Hz (μF).



Lampade a ioduri metallici (MH)






Le lampade agli alogenuri metallici sono costituite da un tubo ai vapori di mercurio con aggiunti degli ioduri metallici (tipo il sodio, sodio/scandio, tallio, cesio, ecc.), che contribuiscono ad aumentare l'effi-cienza delle lampade. La luce delle lampade agli alogenuri metallici è bianchissima e copre tutto lo spettro visibile.
Le lampade agli alogenuri sono molto compatte e presentano una tonalità di luce diurna o bianchissima. Hanno un’ottima resa dei colori, e la loro tonalità di luce è di norma fra i 4000 fino oltre i 5000 gradi Kelvin, ed il loro grado ed indice di colore è pari a 1A/Ra 90-100.



Il pieno flusso luminoso viene raggiunto dopo circa 4 minuti dall’accensione. Possono raggiungere le 5.000 - 6000 ore di vita, ma bisogna considerare che la durata di vita si abbrevia del 30/40% per aumenti di tensione medi del 5%. La caduta di flusso luminoso alla fine della vita è circa del 40%.
Con speciali accenditori o alimentatori possono riaccendersi all'istante.
Bisogna prestare la massima attenzione nel regolare il flusso luminoso delle lampade agli alogenuri, infatti a tensione ridotta possono insorgere aberrazioni cromatiche e diminuire la vita di funzionamento. La corrente di spunto di queste lampade può raggiungere il 190% della corrente nominale.


Lampade ai vapori di sodio ad alta pressione (HPS)




Le lampade al sodio ad alta pressione presentano una maggiore pressione del sodio che lavora anche ad una temperatura maggiore. Sono costituite da un'ampolla e da due elettrodi. Il tubo contiene vapori di sodio ed altri gas inerti tipo il neon ed argon. All'accensione della lampada, la scarica è guidata dal neon poi raggiunto lo stato di regime la lampada funziona tramite il sodio. Le lampade al sodio ad alta pressione presentano una tonalità di luce calda fra il rosa e l’arancione, tonalità di luce minore di 3300 gradi Kelvin, ed un grado ed indice di colore fra 2B/Ra 60-69 - Ra 20-39. La loro efficienza luminosa è superiore a quella delle lampade agli alogenuri e permette di raggiungere i 150 lm/W. In genere emettono fra 5500 e 7500 A ma con intensità decrescente con la lunghezza d'onda (dal giallo al rosso). Aumentando la pressione del sodio fino a 90 kPa, l'efficienza luminosa man mano diminuisce, mentre la luce diviene sempre più bianca.



In definitiva una buona lampada al sodio ad A.P. deve presentare una colorazione rosa/arancio, in quanto avrà un'efficienza maggiore di 100 lm/W.
Il flusso luminoso può essere ridotto del 55% rispetto al nominale, ed il pieno flusso luminoso viene raggiunto dopo circa 10 minuti dall’accensione.
Il fattore di potenza di una lampada al sodio alta pressione è pari a 0,5, mentre la corrente di spunto all'accensione è pari circa al 120% della nominale.
Nel caso di spegnimento si riaccendono dopo pochi minuti in quanto a caldo la tensione di innesco è superiore alla tensione nominale. Con speciali accenditori o alimentatori possono riaccendersi all'istante.
Possono raggiungere le 8.000 – 12.000 ore di vita e la durata di vita non si abbrevia per aumenti o diminuzioni di tensione medi del 5%. La caduta di flusso luminoso alla fine della vita è del 10%.




Lampade a LED per ambienti di coltivazione



Le nuove tecnologie a led hanno permesso di sviluppare delle lampade da coltivazione indoor che sposano le esigenze di consumi ridotti e basse temperature, sempre più ricercate dai growers. Indicativamente con le lampade a led il fabbisogno è di circa 180W – 200W per metro quadrato. Naturalmente più si aumentano i Watt più si può ambire ad una coltivazione di successo. Più basso lo standard necessario per le prime fasi del ciclo vitae delle piante, sull’ordine dei 90W – 120W per metro quadrato.




I vantaggi legati all’uso di illuminazione a led sono molteplici. Innanzi tutto la durata. A fronte di un investimento iniziale più considerevole rispetto ai sistemi con lampade a scarica nei gas si registra però una maggiore longevità. Un led di qualità mantiene le sue caratteristiche di rendimento per un periodo di tempo di 7 – 10 anni. Inoltre combinando tra loro i le di diverso colore è possibile riprodurre sempre lo spettro di luce necessario senza temere sprechi energetici.




Il grande pregio dell’illuminazione a led è però la bassissima produzione di calore. Questa caratteristica permette di far crescere le piante senza lo stress termico tipico degli impianti di illuminazione a ioduri metallici e al sodio ad alta pressione, ed inoltre riduce l’investimento in apparecchi di ventilazione e raffreddamento tanto importante con le tradizionali tecnologie di illuminazione.

Infine i consumi ridotti anche del 70% rispetto ad una lampada a scarica nei gas, assicurano costi di gestione dell’impianto molto ridotti rispetto ai sistemi del passato.



Gestione elettronica.
I controlli pego sono capaci di gestire tutte le fasi necessarie.










venerdì, marzo 15

REFRIGERAZIONE PASSIVA (FUNZIONAMENTO)

DESCRIZIONE

La Refrigerazione Passiva è una tecnologia già conosciuta da tempo applicata su automezzi (camion trasporto gelati) per la conservazione e il trasporto di merci deperibili quali ortofrutta, carni, prodotti ittici, prodotti lattiero caseari, fiori recisi etc.







PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO

Si basa sulla capacità del sistema di accumulare l' energia termica necessaria per il funzionamento autonomo nel periodo specificato mediante congelamento di una soluzione eutettica effettuato dall' unità motocondensante grazie alla quale circola il fluido frigorigeno. Durante il funzionamento la temperatura viene mantenuta costante ai valori ottimali mediante l'assorbimento  in modo progressivo e proporzionale al fabbisogno, di tutto il calore passante attraverso le pareti del mezzo e di quello generato dai prodotti. La fusione della massa termica (calore latente), preventivamente congelata fornisce l'energia necessaria.



L'accumulatore termico ad alta efficienza installato all' interno della cella ricoprendo un elevata superficie di essa (solitamente il 90% del tetto) ed è in grado di mantenere la temperatura interna e l'umidità relativa nel range. +/- 0,5°C, +/- 5 % rispetto al valore ottimale.




Il cuore del sistema sono le piastre eutettiche disposte opportunamente nel vano da refrigerare.

Le piastre sono costituite da due gusci di lamiera d’acciaio a profondo stampaggio, saldati fra loro a rulli a resistenza e contenenti una soluzione che congela e fonde ad una temperatura costante (punto eutettico). Esternamente le piastre sono protette con filo di zinco. All'interno è collocata una serpentina d’acciaio, che funge da evaporatore del circuito frigorifero e consente il congelamento della soluzione.






Per garantire il corretto funzionamento della piastra il congelando la soluzione eutettica deve avvenire prima lungo il perimetro e da ultimo nella parte centrale, è indispensabile che l’entrata del fluido frigorifero avvenga dall'attacco esterno.

















Questi sono alcuni modelli di piastre eutettiche prodotti falla FIC Essa è il principale produttore mondiale
di piastre eutettiche, costruite da oltre 50anni secondo i massimi livelli qualitativi (ISO9001:2000). Un azienda tutta Italiana.


Perché la Piastra Eutettica è migliore dei sistemi ventilati ?


• L’impianto a piastre eutettiche è molto più affidabile dei sistemi ventilati non avendo parti in movimento.
• Con le piastre eutettiche il “freddo” viene ceduto in ogni situazione, sempre alla stessa temperatura, anche a motore fermo e durante l’apertura delle porte.
• La brina che ricopre la piastra non ha un effetto di blocco, come per le alette di un evaporatore ventilato.
• Il costo di un sistema a piastre eutettiche, considerando anche la lunga vita dell’impianto ed i ridotti costi di manutenzione, è mediamente inferiore a quello di un sistema ventilato.
• Il congelamento notturno consente di utilizzare corrente elettrica a costi più favorevoli e avere tempi abbastanza lunghi per ottenere l'accumulo con conseguente riduzione della potenza frigorifera applicata.
• Con le piastre eutettiche (in refrigerazione mobile) si elimina il rumore e l’inquinamento dei motori diesel, situazione particolarmente contestata nei centri abitati.

SVANTAGGI DELLE PIASTRE EUTETTICHE

• Con le piastre eutettiche si ha un lento raffreddamento dovuto al principio che l'aria si muove in cella solo grazie al moto convettivo quindi con ridotta capacità di scambio termico quindi improponibile la dove bisogna raffreddare velocemente (abbattimento)
• Con le piastre eutettiche sono necessarie imponenti strutture per reggere il peso di tutte le piastre.
• Con le piastre eutettiche in celle a 0°C è inevitabile il problema della presenza d'acqua che si forma su di esse, quindi poco adatte a prodotti che non possono essere bagnati.
• Con le piastre eutettiche in caso di realizzazione di celle relativamente grandi i costi tra piastre e struttura portante, lievitano notevolmente rispetto ad un impianto ventilato.
In conclusione è un sistema che risulta interessante su una ridotta tipologia di prodotti la dove si riescono a sfruttare le sue potenzialità.

Per ulteriori informazioni contattatemi pure.




martedì, marzo 12

INVERTER SPORLAN (ILLUSTRAZIONE PARAMETRI)

 Questo prodotto mi ha dato grosse soddisfazioni. Quando abbiamo associato questi inverter a compressori singoli o in centrale i risultati sono stati ottimi, ma le soddisfazioni maggiori sono venute la dove esistevano impianti con grossi errori progettuali (vi garantisco che ne troviamo parecchi) i quali risultavano sovradimensionati o sottodimensionati. Con delle piccole modifiche sul circuito frigorifero e l'aggiunta di questo inverter abbiamo riscontrato dei miglioramenti spettacolari e risolto enormi problemi.
 Sporlan propone una soluzione completa di hardware e software, progettato per rendere l’impianto il più efficiente possibile. Il risparmio energetico è basato su un controllo proporzionale della potenza erogata dal compressore in base alla richiesta del carico termico. Gli inverter proposti da Sporlan si dividono in due famiglie e cioè: 
-Nella versione più semplice, iSpeed è un inverter per centrali frigorifere che funziona come uno slave di un controller per rack di compressori esterno.

-Nella versione più avanzata, iSpeed è un controller per centrali frigorifere intelligente in grado di controllare sia la centrale di compressori che le ventole dei condensatori. (si risparmia il controllore per la centrale)


Questa è una configurazione possibile, in questo caso l'inverter e accessori sono Sporlan, e il quadro elettrico ed elettronica sono della Pego. (una combinazione che mi piace)

Ora descriviamo i parametri principali del modello più piccolo della serie. (per ora ho solo questo file, in futuro parleremo dei modelli più grandi)




Questi documenti arrivano nella confezione. Premetto che quando ordinate un inverter Sporlan potete richiedere che venga programmato ( è una cosa che consiglio vivamente) in base alle specifiche del vostro impianto. Quando l'inverter arriva programmato, su questi fogli troverete i parametri personalizzati scritti a penna. (Ricordate che i parametri più  importanti e critici sono protetti da password quindi fate molta attenzione nel volerli modificare)   




Ma ora passiamo ai parametri.
                                                                                                                                                                  

IN CASO DI SPECIFICHE PIÙ DETTAGLIATE NE DOBBIAMO PARLARE IN PRIVATO.




Parametri di solo lettura.
C1: Pressione espressa in Bar letti dalla sonda pressione in aspirazione. (il trasduttore di bassa è indispensabile) 
C3 Pressione espressa in Bar letti dalla sonda pressione sullo scarico (valore visibile solo con trasduttore di alta installato)
L' inverter può gestire le ventole condensatore tramite un segnale in corrente e un eventuale secondo compressore on-off.

Altri parametri sono da discutere in privato.   




Parametri di regolazione.
C6: E' il set di regolazione che vogliamo ottenere espresso in Bar. 
C7: E' il set alla quale vogliamo far fermare il compressore espresso in Bar.
C8: E' il set alla quale vogliamo far fermare il compressore espresso in Bar.

Altri parametri sono da discutere in privato.   






Questa serie di parametri sono molto delicati, essi permettono di scegliere: Frequenza minima, massima, salti frequenze critiche ecc. 
Altri parametri sono da discutere in privato.   



Questo è un classico collegamento: Filtro antidisturbo, inverter, contattore, compressore.
Gli interruttori differenziali a protezione della linea devono essere del tipo......................... 
N.B. Non deve mai capitare che l'inverter vada in funzione e poi attacchi il contattore, a quel punto la partenza sarebbe molto violenta e si andrebbero a creare delle extracorrenti dannose. 




Questo è lo schema di collegamento degli ingressi digitali per il funzionamento e gli ingressi analogici per le sonde di pressione. (molto semplice quindi inutili i commenti)








Tabella allarmi 

Per ulteriori chiarimenti contattatemi pure.



GLI INVERTER IN REFRIGERAZIONE E CONDIZIONAMENTO


Gli inverter in refrigerazione e condizionamento (descrizione usi) 

In commercio oggi troviamo prevalentemente il motore asincrono trifase, un tipo di motore molto semplice, robusto ed economico. (Ringraziamo il genio di Tesla)
Questo motore negli anni ha guadagnato un mercato sempre maggiore, occupando, grazie all’elettronica di controllo, anche settori che un tempo erano ad uso esclusivo dei motori in corrente continua.
Sul mercato sono reperibili numerosissimi modelli, e la gamma di potenza spazia da poche centinaia di watt fino a motori che superano i 600 kW.
Tuttavia, come si vedrà più avanti, questi motori quando collegati direttamente alla rete hanno il difetto di girare a velocità praticamente costante. L’inverter è un dispositivo nato proprio per risolvere questo problema, ma prima analizziamo la conformazione dello statore per vedere come da esso dipenda la velocità di un motore trifase. In questa descrizione parleremo solo dei  motori asincroni con rotore in cortocircuito (a gabbia di scoiattolo), e non i motori a rotore avvolto, ai quali l’applicazione con inverter praticamente non ha senso.


Alcune precisazioni sulla e velocità di rotazione.
Lo statore di un motore elettrico trifase è la parte fissa nella quale sono inseriti i tre avvolgimenti primari, e ad essi viene applicata la tensione di alimentazione. All’interno dello statore si trova il rotore, che trascinato dal campo magnetico degli avvolgimenti statorici si pone in rotazione. Dato che l’alimentazione è in corrente alternata, e che gli avvolgimenti sono montati sfalsati di 120°, il campo magnetico risultante è un Campo Magnetico Rotante, che gira ad una velocità direttamente in proporzione alla frequenza della tensione di alimentazione. In pratica applicando una tensione a 50Hz esso compie 50 giri al secondo, ossia 3000 giri
al minuto.





La tecnologia costruttiva dei motori elettrici permette comunque di costruire motori con più “terne” di avvolgimenti statorici, cosicché ognuna delle quali forma la cosiddetta Coppia Polare, (o anche due poli).


Quando lo statore viene costruito con più di una coppia polare il Campo Magnetico Rotante non gira più a 3000 Giri, ma a velocità inferiori, vista la presenza di altri poli magnetici che permettono al rotore di percorrere meno spazio prima di trovare il polo che lo attrae”.
Da ciò deriva che sono realizzabili motori con diverse velocità, che a 50 Hz significa :



Tipicamente i costruttori hanno a catalogo motori a 2,4,6,8 poli, mentre per modelli con un numero di poli superiore è necessario richiederne la costruzione su misura. Ricapitolando quindi, nello statore si trovano i due “fattori” che influiscono nella velocità di rotazione di un motore , e cioè :
• la frequenza della tensione di alimentazione;
• le coppie polari, ossia il numero di “terne” di avvolgimenti che costituiscono lo statore.
Dato che non è possibile modificare le coppie polari, si deduce che per regolare la velocità di un motore trifase è necessario variare la frequenza con cui lo si alimenta.


Giri 
Come già visto in motore trifase il rotore è mantenuto in rotazione dal campo magnetico rotante prodotto dalle correnti che circolano negli avvolgimenti trifasi dello statore.
La velocità del campo magnetico rotante è calcolabile con la seguente formula :

ns =         120 * f
                   2 p
Dove :
n s = Numero di Giri al Minuto (del campo di statore)
f = frequenza di alimentazione
2p= Numero di poli che costituiscono il motore

Visto che le coppie polari sono un fattore costruttivo, l’unico parametro elettrico che può influire sulla velocità del motore è appunto la frequenza.
Detto questo sembrerebbe risolto il problema di come regolare la velocità di un motore elettrico.
Basta un dispositivo che alimenti un motore con corrente alternata a frequenza variabile a seconda delle esigenze dell’utente, e questo dispositivo è proprio l’inverter.


Tra l’altro alla luce della formula indicata, nulla toglie alla possibilità di alimentare i motore con una frequenza superiore a quella di targa, per fargli così raggiungere delle velocità più elevate.
Purtroppo però, come si vedrà a breve, ci sono altri parametri elettrici da controllare per mantenere il funzionamento del motore entro le caratteristiche progettuali. In particolare la frequenza incide notevolmente sulle reattanze e sul flusso magnetico per cui è necessario ricorrere ad alcuni accorgimenti per garantire al motore le prestazioni meccaniche” nominali.
In pratica, senza addentrarsi in formule specifiche, se si varia la frequenza con cui si alimenta il motore al fine di modificare la velocità si avrebbe come conseguenza :
• Per valori inferiori a 50 Hz - un aumento del flusso magnetico,
• Per valori superiori a 50 Hz - una diminuzione del flusso magnetico.
Come già detto, invece, per conservare inalterate le caratteristiche meccaniche del motore, è necessario garantire che il flusso magnetico rimanga più vicino possibile al valore stabilito dal costruttore.
L’unica variabile che può essere usata per risolvere il problema è la tensione, e quindi per concludere quindi il motore trifase può essere controllato in frequenza a patto che il rapporto V / f venga mantenuto il più costante possibile, in modo da assicurare che nel motore il flusso magnetico si mantenga nei valori stabiliti dal costruttore.


Inverter a Frequenza Variabile
L’inverter a frequenza variabile serve per regolare la velocità dei motori trifasi.
La velocità di rotazione del motore è strettamente connessa con la frequenza della tensione con cui lo si alimenta. Nell’inverter la tensione alternata della rete (trifase o monofase) viene raddrizzata in corrente continua e quindi viene riconvertita in corrente alternata trifase a frequenza variabile per alimentare il motore.


Il valore della frequenza in uscita può quindi essere scelto a piacere dall’utilizzatore a seconda della velocità di funzionamento che si vuole far raggiungere al motore.
Sul mercato sono disponibili taglie che vanno da potenze minime di 500W fino a oltre 500 kW con la tensione industriale di 400V (Bassa Tensione), ed addirittura a 10 MW con gli inverter a 6000V (in media tensione).
In linea generale un inverter potrebbe essere utilizzato sia per motori sincroni che per motori asincroni, ma in questa trattazione ci occuperemo solamente del motore asincrono in bassa tensione.

Vantaggi Economici 
Un breve esempio può far capire il vantaggio che comporta l’uso di un inverter.
Negli impianti idraulici, il modo più semplice per diminuire o regolare una portata è quello di agire su di una valvola, introducendo in pratica una strozzatura sul percorso del fluido.
Per contro, il motore elettrico che aziona la pompa o il ventilatore , continua ad assorbire la stessa potenza di prima, anzi c’è anche la possibilità che assorba qualcosina di più. Si rischiano inoltre fenomeni come la cavitazione della girante, oppure sibili ed altri rumori fastidiosi (ad esempio nelle canalizzazioni dell’aria condizionata). Azionando invece il motore della pompa o del ventilatore con una velocità proporzionata
a quanto necessita l’impianto, si avrà un consumo elettrico proporzionato al lavoro
richiesto. E’ vero che l’inverter introduce delle perdite per circa un 4%, ma questo svantaggio viene
tipicamente ammortizzato dal minor consumo in un tempo molto breve, soprattutto negli impianti con molte ore di funzionamento annuo.

Convenie l'uso dell’inverter nei gruppi frigoriferi e di condizionamento?
Si direbbe di si, visto come viene pubblicizzato da chi lo vende. Sembra la soluzione ottimale che permette di avere alta efficienza energetica e regolazione pressoché perfetta in ogni condizione.
In parte ciò è vero, anche se la realtà appare molto più complessa e riserva sorprese, non sempre piacevoli.
Per prima cosa, bisogna capire chi lo usa. Nel condizionamento dell’aria l’inverter viene attualmente utilizzato:
- nei gruppi frigoriferi con turbocompressore centrifugo;
- nelle macchine ad espansione diretta (split-system e Vrf ) con compressori volumetrici, rotativi o scroll.
Tra compressori centrifughi e compressori volumetrici c’è una differenza abissale nel comportamento perché lavorano secondo principi diversi.

L’inverter è un dispositivo elettronico atto a generare una corrente alternata a partire da una corrente continua; talvolta viene anche detto “convertitore statico di frequenza”.In linea di massima si individuano due tipi di inverter : a frequenza costante ed a frequenza variabile.(noi ci concentreremo su quelli a frequenza variabile)



Differenze tra vari compressori.
I compressori scroll, vite e rotativi a palette, sono macchine volumetriche, mentre i compressori centrifughi sono turbomacchine. Il principio di funzionamento è totalmente diverso.
Nei compressori volumetrici la pressione aumenta perché si riduce il volume della camera di compressione tra ingresso ed uscita del refrigerante.
Nei turbocompressori non vi è riduzione del volume della camera di compressione, ma una variazione dinamica della direzione e della velocità del flusso di refrigerante. In particolare, la variazione di pressione avviene perché varia il momento della quantità di moto del refrigerante. Una prima sostanziale differenza nel comportamento è data dalla variazione del salto di pressione (o prevalenza) al variare del numero
di giri. Mentre nei compressori volumetrici il salto di pressione ottenibile è sostanzialmente indipendente dalla velocità di rotazione, nelle turbomacchine il salto di pressione si riduce con il quadrato del numero
di giri. Di conseguenza, mentre nei compressori volumetrici il numero dei giri può essere ridotto a prescindere dal salto di pressione richiesto, nei turbocompressori la riduzione è possibile solamente
se vi è una contemporanea riduzione del salto di pressione.  La portata di refrigerante, invece, varia linearmente con il numero di giri per entrambe le tipologie di compressore.

Compressori volumetrici (Variazione dei giri)
Detta così parrebbe estremamente vantaggioso l’uso dell’inverter nei compressori volumetrici, proprio per le loro caratteristiche di funzionamento. Poter ridurre a piacimento il numero dei giri, quindi la portata di refrigerante, qualsiasi sia il salto di pressione richiesto, consente una regolazione della potenza estremamente

precisa. Il rendimento di regolazione è molto elevato, perché la riduzione di portata volumetrica comporta una diminuzione della pressione di condensazione, un aumento della pressione di evaporazione. Ciò sarebbe completamente vero solo se la variazione del numero di giri non influenzasse il rendimento del compressore. In realtà, il rendimento dei compressori volumetrici è molto influenzato dalla variazione del numero di giri. In particolare:
- all’aumentare del numero di giri, aumenta la portata di refrigerante, per cui aumentano le perdite dovute al passaggio del refrigerante stesso negli orifizi di aspirazione e di scarico. Aumentano anche gli attriti dovuti alla maggiore velocità di rotazione.
- Al diminuire del numero di giri, diminuiscono le perdite per il passaggio del refrigerante e per attrito. Tuttavia peggiora la tenuta tra aspirazione e mandata, che nelle macchine volumetriche è sempre legata, anche se in modi diversi, alla velocità di rotazione.



Aumentano, quindi, le perdite per trafilamento tra mandata, a pressione maggiore, e aspirazione, a pressione minore. Questo aumento delle perdite fa peggiorare il rendimento al ridursi del numero di giri, in modo drastico per velocità ridotte. In ogni caso non si può far funzionare un compressore a meno di 30 Hz per ragioni legate sia alla tenuta che alla lubrificazione. E’ allora interessante calcolare come si modifichi il rendimento di un compressore volumetrico al variare sia della temperatura di condensazione che della frequenza della corrente di alimentazione (quindi del numero di giri: la velocità di rotazione varia linearmente
con la frequenza).
Ancora più interessante è valutare come vari il rendimento in funzione del rapporto di compressione, inteso come rapporto tra la pressione assoluta di mandata e la pressione assoluta di aspirazione.
Più alto è il salto di pressione richiesto, più alto è anche il rapporto di compressione.


Inverter in refrigerazione
Per prima cosa bisogna verificare quale sia la variazione di resa del compressore e quindi del gruppo frigorifero al variare del numero di giri. Al ridursi della velocità di rotazione, diminuisce la temperatura di
condensazione e aumenta leggermente la temperatura di evaporazione. Di conseguenza la potenza fornita dal compressore diminuisce in modo minore rispetto alla riduzione di velocità.  In funzione della temperatura dell’aria esterna, la riduzione della frequenza deve sempre essere superiore alla riduzione di potenza richiesta. Ad esempio, a 35°C, se il 100% di potenza viene fornito a 90 Hz, il 60% della potenza si ottiene a 48 Hz, anziché a 54 Hz come sarebbe se la riduzione fosse assolutamente lineare.
A 20°C dell’aria esterna il 100% di potenza si ottiene a 73 Hz (quindi con una riduzione del 19% dei giri), mentre per ottenere il 60% della potenza la frequenza deve scendere a 43 Hz. Di conseguenza la riduzione di potenza avviene ad alta efficienza (ovvero con alimentazione superiore a 45 Hz) solamente per percentuali superiori al 54% e al 63% della potenza, a seconda della temperatura dell’aria.
Per potenze inferiori il rendimento di parzializzazione scende drasticamente, rendendo poco conveniente l’utilizzo dell’inverter. In ogni caso non è possibile parzializzare oltre il 38% in qualunque condizione. Oltre questa soglia il compressore deve lavorare Onoff.



Inverter su monocompressore.
Nel caso di piccoli gruppi frigoriferi monocompressore l’uso dell’inverter permette una efficace regolazione della temperatura in uscita, altrimenti impossibile con la regolazione on-off. Per questo motivo ha senso sfruttare il più possibile la riduzione di potenza frigorifera (riduzione fino a 30 Hz) anche a costo di penalizzare il rendimento in parzializzazione. A 30 Hz il rendimento varia dal 75% con bassi rapporti di compressione, per scendere quasi al 50% per rapporti di compressione pari a 6,5. Di conseguenza, la parzializzazione tramite inverter ha un rendimento
sufficientemente elevato fino a che si regola tra 90 Hz e 45 - 40 Hz, ma peggiora nettamente per frequenze inferiori. Tanto per dare dei punti di raffronto, un compressore a vite con cassetto ha
un rendimento in parzializzazione pari a 0,92 al 75% della portata di refrigerante di e dello 0,8 al 50% della portata di refrigerante. Questi valori sono abbastanza simili a quelli ottenibili con l’inverter
fino a circa 40 Hz, ma diventano nettamente inferiori per frequenze minori. Questi risultati sono molto importanti, perché fanno intuire che l’inverter può portare a buoni risultati nel caso di gruppi frigoriferi
funzionanti in solo freddo (rapporto di compressione inferiore a 4), mentre più dubbia è la loro applicazione nelle pompe di calore in regime invernale (rapporto di compressione prossimo a 6).






Inverter su multicompressori.
I gruppi frigoriferi con più compressori si comportano in modo diverso a secondo del tipo di compressore adottato. I gruppi frigoriferi con compressori scroll montati gemellati (due o più su ogni singolo circuito) sono i più efficienti in assoluto. Per macchine di questo tipo non è assolutamente conveniente utilizzare l’inverter in tutti i compressori, perché aumenterebbe il loro costo e diminuirebbe l’efficienza totale, a causa del basso rendimento in parzializzazione al variare del numero di giri. Molto meglio utilizzare un unico compressore con inverter per ogni singolo circuito, mettendolo in parallelo con altri privi d’inverter. Questo compressore non deve mai lavorare al di sotto della frequenza di 45 Hz per limitare al massimo l’inefficienza del sistema.
La regolazione deve avvenire riducendo prima il numero di giri del compressore con inverter, fino a 45 Hz. Al di sotto di questa soglia, si disattiva uno degli altri compressori del circuito, mentre il compressore
con inverter torna a funzionare alla frequenza richiesta dal carico frigorifero.Con i compressori a vite l’utilizzo dell’inverter permette un miglioramento dell’efficienza solamente se si limita la riduzione della frequenza
a 45 Hz. L’utilizzo dell’inverter nei gruppi frigoriferi è sicuramente una strada da seguire, specialmente nel caso di macchine di piccola potenza con un unico compressore e più utenze. I vantaggi sono legati ad un migliore controllo della temperatura e ad una maggiore efficienza energetica. Nelle pompe di calore in regime invernale l’inverter porta ad un peggioramento delle prestazioni energetiche, a causa della diminuzione del rendimento del compressore ad alti rapporti di compressione e bassi numero di giri. In questa particolare condizione sembra migliore il sistema di parzializzazione alternativa con separazione ciclica delle spirali dello scroll, utilizzata nel Digital scroll di cui abbiamo parlato in un post precedente.


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